A rischio il mondo che nega un posto a Dio

E i centomila bambini della Prima Comunione in piazza San Pietro hanno, il 15 ottobre, trovato un altro "nonno" in cui confidare, nel solco di quell'abbraccio con tutto il mondo che era stato di Karol Wojtyla. Si cerca uno sguardo nel quale immergere il nostro, tante volte sperduto, si cerca una mano a cui aggrapparsi, per salire in alto, per trovare una strada. E «In cerca del Padre» è il titolo del nuovo libro di Gianfranco Svidercoschi (Edizioni San Paolo, 125 pagine, 11 euro), giornalista che da 50 anni segue le vicende del Vaticano e del mondo religioso. Con Giovanni Paolo II Svidercoschi ha collaborato per la realizzazione di «Dono e mistero». E del papa polacco prima che diventasse Papa ha scritto la biografia che ha ispirato la fiction campione d'incassi di Canale 5. È un viaggio alla ricerca del Padre e, col padre, del senso ultimo della vita e della storia, quello di Svidercoschi. Specie ora che sono cadute le ideologie, ma, pure, il Padre, Dio, resta cacciato «dalla scena del mondo». Un viaggio che da tempo Svidercoschi pensava di intraprendere. Forse adesso è venuto il momento giusto, scrive. E dedica il libro a Giovanni Paolo II, guida dei cattolici negli ultimi trent'anni, lui che ha saputo leggere la storia del Novecento tra i due totalitarismi. Lui che - ricorda l'autore - nell'86 ad Assisi, sfidando la perplessità della Curia Romana, unì i fedeli di tutte le religioni del mondo per pregare, l'atto che suggella nel modo più segreto, dunque più sincero, l'incontro tra Dio e l'uomo. Un libro che ha più sfaccettature. Fa introspezione, interrogandosi senza infingimenti, in una sorta di composto ma fermo j'accuse, sulla perdita del senso di Dio nelle coscienze cristiane. Fa storia, in un excursus che rintraccia nell'individualismo rinascimentale la prima negazione di Dio. E poi l'Illuminismo, il Marxismo, il Positivismo di Comte, il «Dio è morto» di Nietzsche, l'esistenzialismo di Sartre e di Camus. L'analisi diventa sociologica allorché Svidercoschi si interroga sul rifiuto di Dio che è andato di pari passo con la «rimozione del senso di paternità», la messa sotto accusa dell'autorità, del carisma, del ruolo di trasmettitore di valori. «Una paternità che assicuri i legami con la tradizione, trasmetta la memoria storica e l'identità familiare». Uomo persona. Il Cristianesimo, con l'Incarnazione, è l'unica religione che ci dà la dignità di figli di Dio. E dunque nella ricerca del Padre andiamo in cerca della nostra identità. Ecco perché il viaggio si fa affannoso se non trova la meta. Le pagine dedicate al «Padre nostro» sono tra le più intense di questo libro. Una preghiera rivoluzionaria, 57 parole in greco, pronunciate da Gesù quando gli apostoli gli chiesero: «Insegnaci a pregare». «Da quel momento - scrive Svidercoschi - l'uomo cominciò a chiamare Dio Padre, a dargli del "tu", si impegnò a compiere la sua volontà qui, in Terra, potè chiedere a Dio di sostenerlo nei bisogni fondamentali: il pane quotidiano, il perdono dei peccati, la liberazione dal male e dal maligno». Rimeditare su tutto ciò, segnare le differenze e le deviazioni di una ricerca fai-da-te della religiosità che sfocia nella new age o peggio nelle sette "multinazionali": ecco il senso del viaggio. Che si chiude evocando la parabola del Figliol Prodigo, «paradigma dell'uomo moderno». Che rifiuta il Padre ma poi si interroga su dove trovarlo.