La rivolta degli studenti contro il nazismo
IL CINEMA tedesco si è già occupato della «Rosa Bianca», quel movimento di resistenza che radunò a Monaco un gruppo di universitari decisi, nel '43. di fare appello all'opinione pubblica contro il nazismo. Una prima volta se ne occupò Michael Verhoeven con «Die weisse Rose», sulla organizzazione del movimento, una seconda volta Percy Adlon con «Funf lezte Tage», sugli ultimi cinque giorni di Sophie Scholl, la protagonista di quella resistenza, visti però attraverso il racconto della sua compagna di cella. Né l'uno né l'altro sono arrivati nelle nostre sale, ci arriva invece questo di oggi, il più diretto, che, con la regia di Marc Rothermund e con il contributo per la sceneggiatura di Fred Breinersdorfer, ci racconta quegli ultimi giorni di Sophie Scholl patiti però direttamente da lei e svolti sulla base dei documenti finora inediti sia degli interrogatori in carcere dopo l'arresto, sia del processo che si sarebbe concluso con una condanna a morte per decapitazione insieme al fratello e a un altro universitario. Un racconto serrato, drammatico, che fa sempre trattenere il fiato. Prima la distribuzione all'università dei volantini per invitare i tedeschi a guardare in faccia la disperante realtà di quella guerra voluta dalla follia di Hitler. Poi, dopo l'arresto, il lungo angoscioso interrogatorio di Sophie da parte di un investigatore della Gestapo in cui consiste quasi tutto il film. All'inizio la ragazza mente, per difendere non solo sé stessa ma il fratello e il collega, in seguito, visto che hanno le prove contro di lei, la fiera decisione non solo di dire tutto ma di rivendicare quei principi di libertà e di democrazia che l'avevano convinta ad opporsi al nazismo. Ribaditi subito dopo al breve processo sommario presieduto da una specie di boia travestito da magistrato. Si ascoltano molte parole ma, sia la sceneggiatura sia la regia, son riuscite a fare in modo non solo di rendere dinamiche anche le situazioni più statiche, ma di evocarvi attorno delle atmosfere di fortissima tensione. In cifre così calde e appassionate che riescono a un certo momento a turbare perfino l'investigatore della Gestapo, pronto, essendo un padre di famiglia, a salvare Sophie se rinnegherà la sua battaglia. Ricevendone naturalmente un rifiuto coraggioso. Dà volto a Sophie un'attrice tedesca, Julia Jentsch, forse non bella ma singolarmente abbellita dalla vitalità di una mimica che sa esprimere tutte le sfumature necessarie al personaggio: dalla ribellione, alla fermezza. Con accenti commoventi.