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Ebrei e neri, razzismo in Israele

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Dopo «Train de vie» un'altra storia agrodolce del regista rumeno

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In questo scenario storico è ambientato il film «Vai e vivrai» di Radu Mihaileanu, prodotto per l'Italia da Cattleya con Medusa, premiato dal pubblico al festival di Berlino e dal 4 novembre in 90 sale. Anche stavolta, il regista mescola commedia e tragedia, con un personale stile documentaristico, narrando la storia del piccolo Shlomo: etiope di famiglia cristiana, affidato dalla madre ai Falasha in fuga, fingendolo ebreo, nella speranza di salvarlo da morte certa. Shlomo viaggia da infiltrato, giunge in Israele e viene adottato, perché creduto orfano, da una famiglia sefardita, liberale e progressista di Tel Aviv. «È stato un signore incontrato a Los Angeles in una cena a farmi riscoprire questa pagina di storia dimenticata - ha raccontato Mihaileanu, ieri a Roma - Nel 1984, tra le centinaia di migliaia di africani fuggiti dai propri Paesi ed ammassati nei campi profughi del Darfour, c'erano anche 40 mila ebrei etiopi dell'etnia Falasha. Si deve al coraggio degli uomini del servizio segreto israeliano, il Mossad, se molti di loro, sopravvissuti dopo una estenuante marcia nel deserto, tra mille ostilità del governo sudanese, arrivarono in Israele. Isolati dal mondo intero, i Falasha hanno creduto per 2000 anni di essere gli unici ebrei al mondo, hanno difeso e perpretuato la loro differenza: oggi, sono gli unici ebrei che obbediscono alla torah originale. Il vero nome di mio padre era Burchman, ha dovuto cambiarlo per poter affrontare il regime nazista prima e quello staliniano poi. Sono un ebreo rumeno, fuggito in Francia per la persecuzione politica, e so cosa significhi sentirsi straniero ovunque. Il protagonista di "Vai e vivrai" ha lo stesso nome di quello di "Train de vie": lì, avevo lasciato Shlomo in un lager senza sapere cosa gli sarebbe accaduto. Ora, gli ho dato un futuro: si è reincarnato in questo bambino dalla pelle scura che non è ebreo all'inizio, ma lo diventa alla fine della storia». «Ho seguito tutta la lavorazione insieme a Radu - ha poi aggiunto Sirak Sabahat, bello e giovane falasha che interpreta Shlomo adulto - Con lui ho scoperto la storia del mio popolo e l'impatto devastante che sulle nostre tradizioni ha avuto l'incontro con il mondo moderno. Ancora oggi, in Israele, per noi Falasha non tutto è facile. È stato un lungo cammino: abituati, com'eravamo, a vivere senza luce nelle campagne desolate e ritrovarsi poi tra gli agi occidentali a imparare una nuova lingua. Ma è stato bello vedere il pubblico commosso all'anteprima del film, in una delle cittadine di Israele dove maggiore era stato lo scontro tra gli abitanti e noi immigrati».

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