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di ANTONIO ANGELI È UN PEZZO, e anche importante, della storia del cinema, eppure, fino ad oggi, non ...

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Questo film è stato adorato, osannato, additato, ma chi lo cercava nelle videoteche zeppe di film d'azione e spaghetti western, poteva trovarsi in difficoltà. Colma questa lacuna la nuova edizione di «L'Atalante» (Bim, due dischi, 19,90 euro) che propone ben due versioni (una integrale sottotitolata, l'altra doppiata in italiano) del grande classico del cinema francese. Del film, che inizialmente uscì con il titolo «Le chaland qui passe», Luis Buñuel disse ogni bene possibile: «Il cinema può andare avanti quanto vuole, ma non supererà mai e forse non raggiungerà mai un film come "L'Atalante", un film dove c'è già dentro tutto». Era incantato da questo film anche François Truffaut per lui «Vigo trasforma la realtà in un incantesimo e nel filmare prosa ottiene senza sforzo poesia». La storia del film, che in questa versione digitale è corredato di numerosi contenuti speciali e di un libretto che ne spiega le vicende, è interessante forse come la stessa pellicola. «L'Atalante» è il capolavoro di Jean Vigo, riconosciuto genio del cinema, che ha concentrato tutta la sua arte in due documentari e due film, in soli quattro anni di carriera. La vita del regista fu spezzata dalla tubercolosi pochi mesi dopo la fine delle riprese di «L'Atalante», a 29 anni, e le sue condizioni di salute precipitarono proprio perché i set erano attorno a canali e in zone palustri, fatali per il malandato Vigo. Il regista che non voleva inizialmente lavorare a questa storia d'amore tra un battelliere (capitano appunto della chiatta l'Atalante) e una contadina, e poi s'innamorò della sceneggiatura dello sconosciuto Jean Guineé, profuse tutte le sue ultime energie nella pellicola. Chiese aiuto anche allo scrittore papà di Maigret, George Simenon, per trovare le atmosfere e i toni giusti. Eppure, giunto nelle sale (la prima al cinema parigino Colisée), il film fu un vero fiasco. Come il precedente di Vigo, «Zero in condotta». Ci penseranno la storia e i posteri illustri, a mettere le cose a posto. Tra i critici italiani follemente innamorati de «L'Atalante» c'è Enrico Ghezzi che con una scena, quella con le evoluzioni subacquee del protagonista, ha voluto fare la sigla della sua trasmissione notturna su Raitre «Fuori orario». «L'Atalante - spiega Ghezzi - piace e colpisce di più proprio chi non conosce la storia del film e l'importanza che ha. Il cinema, diceva Godard, è il contrario della cultura e l'effetto si vede. Riceviamo continuamente mail e richieste di informazioni, magari solo per le poche scene viste nella sigla di "Fuori orario". Comunque L'Atalante viene ritrasmesso almeno una volta all'anno. Nel film - aggiunge Ghezzi - c'è l'amore fatto di immagini e si esprime soprattutto in due scene con la sovrimpressione: con delle immagini che fanno l'amore, ma non c'è contatto, tutto avviene sospeso nell'acqua». E tra le grandi cose di questo film c'è l'interpretazione di Michel Simon, uno degli attori più espressivi del cinema francese, forse un po' dimenticato. E sull'argomento Ghezzi diventa spigoloso: «Michel Simon dimenticato? Ma da chi?».

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