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di MAURIZIO SERRA IL 27 OTTOBRE di quarantatre anni fa si schiantava a Bascapè presso Pavia un bireattore ...

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Si chiudeva una pagina straordinaria dell'Italia del dopoguerra e si apriva uno dei tanti, troppi misteri che hanno gravato sulla rinascita del Paese. Su Mattei, vita, morte e (almeno per alcuni) miracoli, esiste una vasta pubblicistica di ogni ordine e grado. È da prevedere che l'anno prossimo, con il centenario della nascita, assisteremo a nuove ricostruzioni e, chissà, nuove rivelazioni. Al cinema, la coppia Rosi-Volontè gli ha felicemente prestato la faccia di un uomo che non rideva mai, sorrideva poco, aveva sempre fretta, pensava solo in grande, ma amava la vita e sapeva goderne i doni. Uomo guidato dalla speranza, che ha, dice S. Agostino, «due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio». È con questa citazione agostiniana che Giovanni Buccianti, storico insigne dell'Università di Siena, apre un volume destinato a rimanere, per scrupolo di ricerca e capacità di analisi, un testo di riferimento per chiunque si interessi non solo a Mattei, ma alle vicende della politica energetica quale fattore-chiave delle relazioni internazionali (Enrico Mattei. Assalto al potere petrolifero mondiale, Giuffrè). Buccianti ha consultato tutti gli archivi disponibili, in Italia e all'estero, e ha intervistato personaggi di primo piano: da Eugenio Cefis, successore di Mattei, all'ex ministro francese Claude Cheysson, dal sostituto procuratore di Genova Vincenzo Calia, autore di un'inchiesta esemplare sulla fine di Mattei dopo la riapertura delle indagini nel 1994, a ex stretti collaboratori del «principale», come veniva chiamato, quali Mario Pirani e Giuseppe Accorinti. E, malgrado questa mole di ricerche, è un libro che si legge tutto d'un fiato, a conferma che la storia, se narrata bene, non è appassionante come un romanzo, ma molto di più. Manca lo spazio per ripercorrere l'avventura di Mattei, del resto ben nota. Dagli inizi modestissimi di verniciatore marchigiano trapiantato a Milano alla guerra di liberazione alla testa dei partigiani cattolici, dalla mancata liquidazione dell'AGIP, «carrozzone» dell'era fascista, alla nascita dell'Ente Nazionale Idrocarburi, frutto di un'alleanza eterogenea in cui spiccavano la sinistra democristiana e la Comit di Raffaele Mattioli, altro geniale marchigian-lombardo, fino al decennio d'oro che lo vide cavaliere senza macchia (più o meno) e senza paura contro le «non magnifiche sette sorelle» petrolifere del cartello anglo-olandese-americano e gli interessi francesi in Algeria, amico e sostenitore del risveglio anticolonialista del terzo mondo, dall'Egitto di Nasser all'Iran, dal Sahara alla Cina (di cui predisse lo scontro con l'URSS) dalla «campagna di Russia» con Krusciov e Kossighin ai contatti con de Gaulle e con Harriman, inviato di Kennedy. L'epopea di chi era nato capo, ma rimasto introverso e solitario dietro la spavalderia, come molti provinciali cresciuti in fretta. Chi altri poteva credibilmente donare a un paese uscito dalla catastrofe uno slogan in cui, per benzina interposta, potente tornava a confinare con italiana? Se fosse rimasto a commerciare vernici, l'ingegnere (ad honorem) avrebbe vissuto meglio, e certo più a lungo. Ma non glielo permetteva il carattere finché non glielo permisero più le circostanze. Racconta Accorinti che un giorno, mentre gli parlava di un certo terreno, il principale lo interruppe chiedendogli: «Perché non è più grande?» Megalomania? Può darsi, ma si sposava all'intuito che gli fece prevedere l'esplosione dei consumi in un Paese che, per gran parte del mondo politico e industriale di allora, era destinato ad andare in bicicletta o in lambretta ancora per una generazione o due. L'ossessione dell'autonomia energetica aveva indubbiamente un lato naïf (come la scelta della «sua» capitale, Metanopoli). Ma faceva parte delle contraddizioni del personaggio, come il capitalismo sociale e l'autoritarismo democratico. In una società che preferiva leccarsi ferite ataviche piuttosto che risolverle, Mattei guardava avanti, non indietro. Naïf ma quanto rivelatore, il titolo del film che commissionò nel 1961 a

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