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Gioco d'azzardo con il demonio

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Ma ogni tanto spunta in lui il diavoletto: ad Affari tuoi», infatti, gli capita di sfoderare il suo vecchio spirito di giocatore che scommetterebbe volentieri con i concorrenti. Ma il diavoletto Pupo non ha nulla a che fare con il demonio, quello vero, il vero padre del gioco d'azzardo. Dove Lucifero è presente alla grande con la sua forza ammaliante e seduttiva. La stessa parola «azzardo» è un segnale dell'origine diabolica: infatti, deriva da az-zahr (oppure «Zara»), nome di un antico gioco orientale con i dadi in cui il punteggio massimo era dato dalla combinazione 6-6-6, il numero del demonio. Il demonio non si è fermato qui e ha messo lo zampino anche nella lingua latina: infatti, se andiamo a sommare i numeri corrispondenti, per ordine alfabetico, del termine alea (che in latino significa appunto gioco d'azzardo o gioco coi dadi, a=1, l=11, e=5, a=1) arriviamo a 18 che è la somma di 6+6+6. È incredibile, e ciò non può essere una coincidenza, vedere che, usando lo stesso procedimento per analizzare il termine italiano corrispondente ad alea, ovvero dadi (d=4, a=1, d=4, i=9), la somma dei numeri porta ancora a 18. Inoltre è sorprendente che tutti i numeri della roulette - da 1 a 36 - , se sommati insieme, ci portano alla cifra 666. Quindi il gioco d'azzardo è legato da un cordone ombelicale al demonio. E l'uomo è stato tentato da lui sin dai primordi. Infatti, il gioco d'azzardo ha origini addirittura ricollegabili al mito, con fonti scritte e iconografiche. Dadi e tavolette sono stati trovati in tombe dell'antico Egitto, tra cui quella di Tutan-kamen, ed anche nella città sumerica di Ur con datazione risalente a circa 5000 anni fa. Il gioco era parte integrante anche della mitologia greca: Mercurio, giocando con la Luna, riuscì a conquistare i cinque giorni che si andranno a sommare ai 360 dell'anno e che verranno celebrati come il compleanno degli dei. . Inoltre, rispetto ad oggi, il gioco, nei tempi antichi, prevedeva anche una forma di divinazione: l'individuo pregava gli dèi, cercando di creare una situazione empatica, mentre adesso l'unico obiettivo è la monetizzazione. Denaro da vincere con il colpo grosso, soldi che arrivano senza fatica, ma grazie a pura fortuna, e che dovrebbero risolvere alcuni problemi della quotidianità. I tratti patologici si rivelano nell'incapacità di controllare l'impulso che spinge a continuare a giocare, per protrarsi oltre il limite ragionevole: il giocatore ha bisogno di raggiungere uno stato di eccitazione. Un vortice dal quale risulta difficile allontanarsi. Per il giocatore, il gioco d'azzardo è gioco e non - gioco al tempo stesso, passione e dolore, artificio e delirio, creatività e sogno, contemplazione e guerra, vita e morte. Non sono rari i casi in cui arriva ad abbandonare il lavoro, a incrinare qualsiasi tipo di relazione, a rinchiudersi in un mondo - non mondo. Roger Caillois in «I giochi e gli uomini» propone una interessante classificazione dei giochi, suddividendoli in due modalità: quelli di paidia (ovvero di turbolenza, improvvisazione e spontaneità); quelli di ludus (i giochi ordinati, dove la regola è accettata). Caillois, nella sua opera, va anche oltre: giochi di Agòn (competizione, gli sport), di Mimicry (travestimento o imitazione), di Alea (il caso, dalla parola latina che significa dadi) e di Ilinx (vertigine, es.sport estremi). Nel gioco d'azzardo la tipologia più rilevante è l'alea dato che l'esito di una vincita è legato essenzialmente al fato. Ma c'è un gioco d'azzardo in cui sono comprese le quattro tipologie di Caillois: il poker, dove si trovano contemporaneamente l'alea (le carte buone), l'agòn (l'abilità del giocatore contro gli altri), la mimicry (il bluff) e spesso l'ilinx (una sensazione di vertigine nel momento in cui vengono puntate somme alte). Chi azzarda non accetta che le sue mosse siano governate dal caso ed è qui che sta la vera base per un possibile sconfinamento nel patologico.

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