Neorealismo con Lizzani in Egitto
Gli stabili pubblici hanno perso 400 mila euro rispetto allo scorso anno e riduzioni sono state applicate alle cifre devolute agli stabili privati, alla promozione e formazione del pubblico come pure ai teatri municipali. Le imprese di produzione risultano le più penalizzate con un calo di quasi 2 milioni di euro. Registrano invece una crescita di fondi le rassegne e i festival, gratificati con un salto da 73 mila a oltre un milione di euro, gli stabili di sperimentazione e quelli per la gioventù, e infine le tournées all'estero. Vistosamente premiato è poi il teatro di figura che passa da 106 mila euro addirittura a 610 mila. Il vicedirettore dell'AGIS, Enzo Gentile, dichiara: «Nel 2005 c'è stato un taglio del 9% rispetto allo scorso anno con percentuale di riduzione uguale sia per la musica, sia per il cinema, sia per il teatro. Sarebbe sbagliato però pensare a una disattenzione del governo perché si tratta piuttosto di una tendenza generale a sottovalutare l'impegno di circa 200 mila persone che lavorano in questo campo, spesso senza ammortizzatori sociali. Bisogna che lo spettacolo venga considerato un elemento strategico per il nostro Paese, non valutando i fondi come un'elargizione, bensì come un investimento». Gentile sta infatti elaborando uno studio di riforma del FUS da sottoporre ai colleghi e poi al governo per garantire in futuro una progettualità meno aleatoria e più svincolata dall'andamento della finanziaria. «Mi è stata comunicata la cifra che riceverò per il 2005, ma non ancora corrisposta» indica il regista Luca De Fusco, direttore dello Stabile del Veneto. «Subirò una decurtazione del 4%, ma io ho già attuato la programmazione del 2006. Lo stato ha tempi da terzo mondo e noi abbiamo tempi europei. Il problema è che, a prescindere dai tagli, le sovvenzioni non sono aggiornate al costo della vita. C'è poi il paradosso che alcune compagnie private hanno visto aumentare i loro contributi al contrario degli stabili che si trovano nella peggiore condizione di cui si abbia memoria». Dal nord al sud la situazione non è differente e si interpreta come segnale di sfiducia la mancanza di sensibilità politica verso il teatro che nel resto d'Europa ottiene investimenti mirati e consistenti. Tutti concordano, inoltre, sull'assurdità del ricorso agli sponsor privati per un'arte come quella scenica che non può essere gestita con criteri commerciali. «Per il 2005 ho perduto soltanto 15 mila euro su un totale di 650 mila» ha dichiarato Geppy Gleijeses, direttore dello Stabile di Calabria, «ma ho dovuto constatare la gravità dell'ipotesi di incidere sul FUS nonostante l'impegno della Direzione Generale dello Spettacolo dal vivo. L'indotto con cui portiamo soldi allo stato equivale a una restituzione piena di quanto ci viene assegnato eppure il trend continuamente ascendente del nostro teatro non ci ha tutelato». «Non voglio mugugnare» afferma Gigi Proietti, soddisfatto del successo di sbigliettamento ottenuto dal Teatro Brancaccio, da lui diretto nella capitale. «Non so ancora quanto mi darà lo stato per il 2005 perché noi siamo privati e ci spetta una quota esigua, comunque ritengo che il mercato teatrale non possa seguire la legge della domanda e dell'offerta. Se io fossi nei panni delle istituzioni cercherei il massimo delle risorse, ma stabilirei anche regole chiare e automatiche per la loro distribuzione. Attualmente c'è troppa discrezionalità: ogni anno cambia tutto e la produzione è scoraggiata. I costi aumentano, mentre i prezzi al botteghino devono calare per catturare il pubblico». Fortemente danneggiate si rivelano del resto le piccole compagnie che possono raggiungere dai 5 mila ai 10 mila euro di sostegno pubblico, dovendo però rispettare condizioni capestro che le obbligano