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Haring, profeta dei segni urbani

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Cento dipinti, 40 disegni, le sue sculture e le sue opere su carta, assieme a 600 fotografie e a un film di 35 minuti con tutti i suoi celebri murales compongono la mostra europea più completa (peraltro, splendidamente illustrata dal bel catalogo di Skira) sul lavoro di quest'artista che esaltò l'arte pop forse anche più di Andy Warhol e che scomparve precocemente, a 31 anni, inghiottito dalle spietate maledizioni dell'epoca, come la droga e l'Aids,che camminarono a braccetto con la sua generazione. Se è vero che l'amicizia è un dato esistenziale e non il numero dei caffé presi assieme al bar, Haring, con la sua ricerca sui segni espressivi metropolitani e con la sua creatività che testimonia, oltre all'effervescenza della scena artistica newyorchese degli anni '80, i linguaggi e la comunicazione degli ultimi 20 anni del secolo scorso (comprese la multimedialità e la pubblicità), certamente è il grande amico di un'intera generazione e non soltanto il referente principale del melieu artistico e intellettuale della "grande mela", come ricordano Julia Gruen e Gianni Mercurio, curatori di "The Keith Haring Show", realizzata alla Triennale con il sostegno della Chrysler che già aveva consentito l'allestimento di "The Andy Warhol Show", sempre alla Triennale, nella passata stagione. «Quando Keith, ventenne, arrivò a New York dalla Pennsilvanya, nel 1978, per frequentare la Scuola di Arti Visive, io stavo muovendo i primi passi fuori dal mondo della danza classica - racconta Julia Gruen, assistente del grande artista e oggi a capo della Keith Haring Foundation -. Nel 1980, quando Keith iniziò a lasciare i suoi sovraccarichi, anonimi, segni nelle stazioni della metropolitana di New York, io stavo continuando a studiare arte, letteratura e scrittura creativa alla Columbia University, e come milioni di altri pendolari della metropolitana, mi deliziavo casualmente con la magia di quei graffiti. Erano in pochi a sapere chi era il responsabile di quegli effimeri interventi nella routine quotidiana dei newyorchesi, ma questo stato di cose era destinato a cambiare molto presto. Nel 1982, Keith Haring esplose nella scena artistica di New York con la sua prima personale a Soho, tenutasi nella galleria di Tony Shafrazi e in uno spazio adiacente affittato per l'occasione. Da quel momento in avanti, tutti conobbero il suo nome. Tutti sapevano chi era Keith Haring, e tutti sapevano di chi era la mano dietro i disegni della metropolitana. Nel 1984, Keith avrebbe avuto mostre personali a Tokyo, Napoli, Anversa, Londra, Colonia e altre due a New York. Dipinse tre murales in Australia, il negozio Fiorucci di Milano, un edificio a Tokyo e il corpo del ballerino Bill T. Jones». Il percorso espositivo della mostra "The Keith Haring Show" dà corpo al concetto di "all over" caro a Haring, secondo cui "l'arte deve poter essere per tutti e dappertutto". Tra le tele di grandi dimensioni che saranno presentate a Milano alcune raggiungono le dimensioni di oltre dieci metri di base o di altezza, tra queste le scenografie realizzate per la discoteca Palladium di New York, tempio della vita notturna negli anni '80 (che Keith amava frequentare in compagnia di autentiche superstar, come Madonna, Grace Jones, Warhol) e la scenografia realizzata per "The Marriage of Heaven and Hell" di Roland Petit per il Ballet National de Marseille. Saranno inoltre esposte le famose "subway drawings", le maschere "primitive" e cubiste, i grandi vasi di terracotta, le sculture totemiche in legno pittogrammate e quelle in metallo con i suoi omini realizzati con colori primari, le statue in gesso del David di Michelangelo o Madame Pompadour. «Queste sono solo alcune delle sorprese che la mostra riserverà ai suoi visitatori, che potranno muoversi tra le opere di Haring come all'interno di un'unica grande opera colorat

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