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Da Pantani a Wojtyla: il mondo di Calabria

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Insieme al rimpianto ciclista, Giovanni Paolo II è protagonista di molti ritratti

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Se ne ha conferma con la bellissima mostra personale, intitolata «La forma della percezione», curara da Gianmaria Nerli, che il Comune di Siena, con la collaborazione della Galleria Michelangelo di Roma, gli dedica fino al 9 ottobre nei magnifici spazi dei Magazzini del Sale di Palazzo Pubblico, proprio dirimpetto alla Piazza del Campo. Calabria, oltre che un notevole pittore, è un raffinato e sensibile pensatore che riflette senza sosta sui mutamenti antropologici dell'uomo di oggi, sulla sempre più ossessiva rapidità degli scambi sociali e sullo strapotere tecnologico che sta annullando la possibilità di una comunicazione reale tra esseri umani e non filtrata o chiusa in un isolamento individuale. In questo senso Calabria è veramente un sismografo dello stato attuale della nostra società. Ha sempre dipinto la figura umana perché, come spiega lui stesso, la sente «come una prigione che custodisce una enorme potenzialità» e perché essa «è comprensiva dell'uomo come struttura fondamentale che assorbe in sé ogni mutamento e ogni relazione». Ma nella sua pittura le presenze figurali non hanno mai nessuna banalità rappresentativa perché sono esseri mutanti che si generano di volta in volta solo davanti ai nostri occhi, attraverso quello che l'artista chiama «processo del suggerimento». Lo si vede bene, nella mostra di Siena, in opere come «Studio per l'archivio della memoria», «Ragazza con le pinne», «Pescatori», «Passa un aereo» o negli sconvolgenti autoritratti («La luce della mente» e «La luce, il gioco e il pensiero») in cui l'artista sembra dare immagine alla fisicità del proprio pensiero. Di rara intensità è poi il ritratto di Pantani, il campione di ciclismo visto nel momento del trionfo, a braccia aperte, ma al tempo stesso emblema anche della propria sconfitta esistenziale perché il suo gesto di vittoria assume le sembianze della crocifissione e del martirio. Il contrasto drammatico e dialettico fra luce e ombra nella pittura di Calabria dà immagine diretta alle grandi contraddizioni che infuocano la vita di oggi ma è anche espressione della tensione fra razionalità ed inconscio, fra progetto e casualità. Meriterebbe poi un discorso a parte lo straordinario ciclo di opere che nel corso degli ultimi anni Calabria ha spontaneamente dedicato, senza committenza, alla figura maestosa e drammatica di Papa Giovanni Paolo II. A Siena ne sono esposte ben ventidue, dal 2002 ad oggi. Con un percorso a ritroso Calabria cerca di guardare il Papa dall'interno, partendo quasi dalla sua anima, per poi arrivare al suo volto, su cui agiscono forze invisibili. È un Pontefice sovrumano per certi versi ma al tempo stesso umanissimo e sofferente. Il viso del Papa è sottoposto a scorci deformanti e a tempeste di colori e diventa l'emblema altissimo di un uomo che affronta quotidianamente un colloquio con la propria coscienza e con quella dell'umanità intera. Un Papa sospeso tra trascendenza e umanità. Calabria senza dubbio padroneggia strepitose doti tecniche ma ha ormai superato da tempo lo sfoggio virtuosistico di questa sapienza per inseguire invece l'identificazione e l'osmosi tra pittura, pensiero e immagine. La sua meta è quella di farli nascere insieme sulla tela, con la rapidità di un fulmine nel cielo.

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