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«Festival della Scienza» La star è la fantasia

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Questa frase la ripeteva spesso Albert Einstein: lui, di domande, ne poneva (e se ne poneva) in continuazione, e questo spiega perché fu il più grande scienziato del secolo scorso. La curiosità, innanzitutto. E poi lo spirito di osservazione. E l'intelligenza, che resta un requisito indispensabile per chi voglia contribuire a far avanzare le conoscenze del genere umano. La curiosità sembra che oggi non manchi in Italia. Le enciclopedie delle scienze vanno a ruba nelle edicole, e si moltiplicano, talmente ampio è il bacino della domanda. Potrebbe apparire normale questo genere di interesse, visto che la «scienza moderna» (come viene universalmente intesa) nacque in Italia, a cavallo fra il XVI e il XVII secolo per merito di Galileo Galilei, il primo che seppe coniugare intuizione e sperimentazione, ricerca teorica e verifica pratica. Un genio assoluto che, tuttavia, ha fatto pochi proseliti nel nostro Paese, dove, a dispetto delle apparenze (le famose enciclopedie, e i tanti convegni che si organizzano ogni anno) rischiamo di perdere la coda del treno dei Paesi più industrializzati. A denunciare questo stato di cose, tre scienziati (in tre campi diversi): un neurobiologo, Lamberto Maffei; un fisico, Sandro Stringari (un'autorità nel campo della ricerca sugli atomi freddi), e un linguista (è una scienza anche quella, anche se di tipo umanistico), Tullio De Mauro. L'occasione: la presentazione del Terzo Festival della Scienza, in programma a Genova dal 27 ottobre all'8 novembre. Il luogo: l'Accademia dei Lincei. Merita una citazione il luogo, perché De Mauro ha indicato più volte il ritratto di Galilei che campeggiava (sulla sua testa) nel salone della conferenza stampa, per spiegare il ritardo scientifico italiano: «Galileo sapeva benissimo quali guai si passano in questo Paese occupandosi di ricerca». E ha ricordato come i graffiti ritrovati nel carcere dell'Inquisizione indichino in modo inequivocabile che le vittime erano matematici, fisici, chimici. Scienziati, insomma. Stringari ha aggiunto di suo un'altra osservazione: molta gente confonde ricerca scientifica e ricerca tecnologica. Nella seconda ci difendiamo, nella prima non reggiamo assolutamente il confronto con gli altri Paesi avanzati. Torniamo ad Einstein, che diceva un'altra cosa interessante: «La fantasia è più importante della scienza». Ecco: un modo per cercare di ridurre il gap è affidarsi alla fantasia. Ed è quello che fanno gli allestitori del Festival della Scienza (l'Associazione costituita da hoc, in collaborazione con Telecom Italia e con la Compagnia di San Paolo, con una partecipazione dell'Enel) che riescono a stimolare l'interesse dei visitatori. L'anno scorso sono stati 165 mila. Merito di un programma che bada ai contenuti «alti», con dibattiti e conferenze che vedono come protagonisti molti degli scienziati più autorevoli in tutte le discipline, ma anche con mostre e laboratori che - senza pregiudizi - si preoccupano anche di offrire un grande spettacolo. Una specie di Disneyland del sapere, dove i visitatori potranno provare emozioni forti, assistendo a vortici di sabbia, tornado in minatura, scariche elettriche simili a fulmini, creazione di nuvole, vortici di fuoco. Ci saranno anche percorsi che illustreranno i rapporti fra scienza e arte, i segreti dei dinosauri, le progressioni numeriche che possono aiutare ad appassionarsi alla matematica, l'adattamento dell'omo agli ambienti estremi. Fino ai giochi di ruolo ideati apposta per i bambini. Molte di queste idee (o realizzazioni) sono già applicate - da molti anni - in importanti musei della scienza all'estero (a Parigi, a Londra, a Monaco di Baviera). E - forse - oltre alle persecuzioni subite nei secoli scorsi, anche la mancanza di «parchi tematici» stabili, dedicati alla scienza, ha contribuito a non stimolare la passione per la scienza nel nostro Paese. Se fosse così, saremmo ancora in tempo per recuperare.

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