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Bon Jovi, come godersi la vita con il rock'n'roll

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«Dopo la battaglia tra Bush e Kerry e i contrasti sulla guerra, gli americani ritrovino l'unità»

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In qualche modo, i Bon Jovi conoscono le istruzioni per godersi la vita. Per dire, quando il batterista Tico Torres si mise in testa di conquistare la supermodella Eva Herzigova, la invitò a contemplare il panorama notturno di New York: dall'alto, sul suo jet privato, sorseggiando champagne millesimato. Che poi il loro matrimonio sia naufragato, era scritto nelle stelle: neanche le gazzelle della haute couture resistono ai bioritmi impazziti delle rockstar. Ma i Bon Jovi (ragazzacci del New Jersey, "fratellini" scavezzacolli di Springsteen) sanno anche come non tradire mai i loro fans: tre anni fa, si offrirono di pagare di tasca loro la salatissima multa comminata a un ragazzo che, pur di assistere al loro show su un palco galleggiante nelle acque di Sydney, aveva attraversato a nuoto l'area del porto, rischiando di finire tritato dai motoscafi. Cento milioni di dischi venduti in vent'anni di carriera, il prossimo esce il 19 settembre. «Have a nice day» sarà impacchettato in confezione DualDisc: da una parte il cd le 13 nuove canzoni, dall'altra un dvd con estratti da un loro concerto ad Atlantic City, più altro materiale interattivo. I Bon Jovi hanno scelto Amsterdam per il lancio europeo del nuovo album: domani un concerto, ieri la presentazione alla stampa continentale. «Siamo quasi spaventati dalla semplicità con cui abbiamo portato a termine questo lavoro», ha sospirato il leader Jon Bon Jovi (vero nome Giovanni Bongiovanni), smentendo così le voci che volevano la casa discografica piuttosto perplessa dal risultato finale, che invece è una classica scaletta di grande impatto radiofonico, tra ballate e rockacci dominati dalla chitarra della vecchia pellaccia Richie Sambora. Nulla di particolarmente raffinato, ma godibile sì, nella più pura tradizione dell'easy-hard-listening americano. E occhio a non crederli disimpegnati solo perché sembrano quattro magnifici coatti. Nelle occasioni che contano, i Bon Jovi sono sempre in prima linea, anche quando la battaglia si rivela infruttuosa. C'erano, al rally musicale pro-Kerry, il "Vote for Change" che introduceva al voto per la Casa Bianca. A un comizio-concerto di Pittsburgh, il candidato democratico abbracciò la rockstar e pronunciò l'immortale frase: «Ecco a voi Bon Jovi. Io e lui abbiamo un sacco di cose in comune: lui è stato segnalato dalla rivista "People" tra i 50 uomini più belli del mondo; e anch'io leggo "People"». Al ricordo, il cantante offre una risata dolceamara, visto com'è finita: «Abbiamo speso un sacco di energie per aiutare Kerry nella corsa alla presidenza, l'America era spaccata in due. Il guaio è che in troppi si contentavano di votare "contro" Bush, e non "per" il proprio rappresentante. Questo, ovviamente, non è bastato. Ora, la questione della guerra continua a dividere la gente, da New York a Los Angeles: mentre dobbiamo sforzarci, noi americani, di ritrovare il rispetto reciproco, anche nella diversità di opinioni. Anche per questo cantiamo una cosa come "Have a nice day", che è simbolica: passa una buona giornata, e non reagire mai con rabbia a chi tenta di contrastarti». Per rafforzare il concetto, il logo dell'album è una faccetta stilizzata con tanto di sorriso sardonico: «Un modo universale per farsi capire - ha spiegato Bon Jovi - anche se resto convinto che il nostro rock non sia il più adatto per porre questioni scottanti ai giovani: ci riescono meglio i Green Day». Ad ogni modo, al Live8 c'erano: «Abbiamo risposto entusiasticamente alla chiamata di Geldof - ricorda Jon - e lì per lì sembrava che la causa avesse sortito effetti concreti. Ma con il passare delle settimane aumentano i dubbi: come sempre quando c'è di mezzo la politica, i progetti finiscono per impantanarsi. Cancellare il debito per i Paesi del terzo mondo? Facile a dirsi: ma in Africa ci sono dei dittatori che non hanno alcuna intenzione di collaborare, di aiutare davvero a migliorare il tenore di vita delle loro popolazioni. Staremo a vedere». Un altro fiasco per il rock delle buone

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