«Orgoglioso delle canzoni per parrucchiere»
In «Amore volubile» semplicità e immediatezza. Ed è già terzo nella hit parade
Cosa non dimenticherà di un tour di 30 date? «C'è il racconto di un fatto accaduto al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini al quale abbiamo preso parte dopo lunghe discussioni e svariati ripensamenti, visto che si potrebbe sempre alzare qualcuno e dire "tu sei di Comunione e Liberazione..." cosa che non sono. Sono però un credente. Ho cercato allora qualcosa che potesse andare bene con il titolo del meeting, una frase del Don Chisciotte. Ho cercato dei collegamenti con il personaggio e mi è venuta in mente la canzone di Francesco, Francesco Guccini, che aveva scritto proprio in merito al Don Chisciotte e... ho declamato parte del testo. Dopodiché ho letto alcune frasi tratte da "Le querce" di don Giuseppe Rossetti, che fa parte di una corrente diversa rispetto a quella a cui si ispira Comunione e Liberazione, ovvero don Giussani. Ho riscosso un successo insperato, hanno applaudito benché quella di Rossetti fosse una posizione diversa dalla loro». Un identikit del pubblico che viene sotto il vostro palco. «Famiglie. Ci sono tutte le generazioni. C'è il padre, che porta la figlia cercando di tramandarle la musica che gli piace. Una signora anziana, a fine concerto, si è avvicinata per farmi i complimenti e ringraziarmi di "Un senso", la canzone che ho scritto con Vasco». Un giudizio sui cantautori italiani da parte di chi, con quei cantautori, ci ha collaborato svariate volte. «Con Vasco c'è un feeling particolare. Ma farei torto a qualcuno se esprimessi un giudizio. Con Vasco è diverso, tra di noi c'è amicizia, è un mio amico del cuore, ci conosciamo da trenta anni, ho condiviso con lui i miei sogni e ora godo del suo successo. Lui, d'altro canto, è la persona che più di ogni altro mi ha sponsorizzato. Poi c'è anche Laura Pausini, una donna con la quale andrei in vacanza: è simpatica e travolgente, una donna tipica della mia terra, la Romagna. Luca Carboni, invece, è una di quelle persone che magari perdi e non rivedi per mesi e mesi. Poi basta una chiacchierata davanti a un caffè per riallacciare i rapporti e ritrovartelo di nuovo vicino. Insomma, questi non sono solo rapporti di lavoro». Un vostro progetto, svariati anni fa, prendeva il nome di «Repubblica delle banane»... È finito il tempo della repubblica delle banane? «La repubblica delle banane regna ancora tra noi... insomma continuano a succedere cose "strane". È finita? Forse no. Però potremmo fare qualcosa affinché questo diventi, come si diceva una volta, un "paese normale". Ognuno di noi dovrebbe avere il senso del dovere e forse le cose andrebbero meglio se il politico ricomnciasse a fare il politico, l'industriale l'industriale, il giornalista il giornalista». La canzone che non smetterebbe mai di suonare? «La mia è una storia particolare. Sono sempre stato il regista e non il protagonista. Un salumiere una volta, mentre mi serviva, iniziò a intonare una mia canzone. Non sapendo che chi l'aveva scritta era proprio lì, davanti a lui. Sono sempre stato quello che non appariva mai nella fotografia, della serie "ah c'eri pure tu?". Ho sempre pensato che l'importante fossero le canzoni, non chi le fa. Quindi la mia storia è scritta nero su bianco su "Canzoni per parrucchiere": quel testo credo che possa essere considerato a ragione il riassunto di un'intera carriera».