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Clooney è già in odor di Leone

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maMostra del Cinema: super favorito George Clooney, con «Goodnight and Good Luck», seguito da «Romance and Cigarettes» di Turturro, che passerà oggi al festival; vicini alla conquista del Leone anche «Lady Vendetta» di Park Chan Wook, «Brokeback Mountain» di Ang Lee e «I fratelli Grimm» di Gilliam. Mentre, ieri sera, i fischi della critica sono arrivati ad Abel Ferrara durante la proiezione del suo «Mary», il film, di tema religioso, in cui qualcuno ha visto dei riferimenti alla Passione di Mel Gibson e al best seller di Dan Brown. Nella corsa al Leone c'è anche chi scommette sugli italiani, soprattutto su «La seconda notte di nozze» di Avati e su «La bestia nel cuore» della Comencini. Proprio ieri, la commissione censura si è riunita per «La bestia nel cuore», che passerà al Lido dopodomani: il film, coprodotto da Cattleya e Raicinema, aveva ricevuto il divieto ai 14 anni per delle scene di amore omosessuale tra la Rocca e la Finocchiaro, ma, alla fine, è stato deciso che non subirà alcun divieto. Cristina Comencini, già prima di passare il film al giudizio della commissione, aveva comunque tagliato una delle scene che poteva essere oggetto di contestazione: quella della rottura delle acque. Ieri, nell'attesa che venga proiettato oggi il primo dei tre film italiani in concorso - «I giorni dell'abbandono» di Faenza - è stato intanto celebrato l'arrivo delle grandi star hollywoodiane. A cominciare dall'americano Elijah Wood che, tolti i panni dell'hobbit Frodo ne «Il Signore degli Anelli», è protagonista del film «Everything is illuminated» (Orizzonti) di Liev Schreiber, realizzato in Repubblica Ceca, costato otto milioni di dollari e coprodotto dalla Warner. Attesissimo fuori concorso il già tanto discusso «Cinderella Man» di Ron Howard, con Renée Zellweger e Russell Crowe, il quale ha ricordato che «non bisogna vedere l'abbondanza, negli Usa e nel mondo occidentale, come un diritto assoluto. Le società e i Paesi più ricchi del mondo devono pensare a distribuire i loro beni in modo più equo». Questo l'appello dell'attore australiano che interpreta la storia vera di Jim Braddock, pugile americano risorto dalla povertà della Grande Depressione degli anni Trenta. Proibite in conferenza stampa le possibili domande rivolte a Crowe sui procedimenti legali in cui è coinvolto, dopo aver tirato un cellulare addosso all'impiegato di un hotel di Manhattan. Eppure, la cosa che ama di più l'attore del suo personaggio sono «i suoi valori etici di dignità, decenza e onestà». Il film, distribuito in Italia dal 9 settembre da Buena Vista e tratto dall'omonimo romanzo di Michael C. De Lisa, si consuma tra pugni, miseria e sfida per raggiungere il successo: e, anche se le scene sono meno sanguinolente di quelle dell'intramontabile serie dei Rocky, la moglie di Jim, Mae (intepretata dalla Zellweger), ricorda fin troppo l'Adriana chiamata a gran voce dall'indimenticabile Sylvester Stallone. Anche in uno dei due film in concorso ieri, la pellicola Inglese, hanno sfilato grandi star hollywoodiane, accolte molto calorosamente da critica e pubblico: si tratta di «Proof» di John Madden, con Gwyneth Paltrow, Jake Gyllenhaal e Anthony Hopkins. «Proof» (Prova) è quella dimostrazione matematica che rende innegabile un principio, distinguendo così il vero dal falso. La storia nasce da un testo di David Auburn, vincitore del Pulitzer e già portata in teatro da Madden con la stessa Paltrow, al West End di Londra. La Paltrow è Catherine, figlia di un genio matematico, che rinuncia al college per curare il padre malato, affetto da una malattia degenerativa del cervello. Quando il padre muore, sarà uno studente ad aiutarla ad uscire dal dolore. Per questo film, Hopkins, che aveva deciso di ritirarsi dal cinema per un po' di tempo, è tornato sul grande schermo: «La sceneggiatura era emozionante e poi volevo lavorare con la Paltrow che, con Jody Foster, è l'attrice che più apprezzo, sebbene io non vada quasi mai al cinema», ha confessato l'attore

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