Alex Britti, con Costanzo il nuovo cd e un musical
Specie per chi nasce "sopra le righe", specie per chi canta fuori dal coro. Tutte caratteristiche che appartengono ad Alex Britti, il chitarrista romano fresco di ritorno con il suo quarto disco, «Festa», 12 tracce, che sarà pubblicato il prossimo 2 settembre, a due anni di distanza da «3» e soprattutto da due incidenti, uno stradale con la moto e uno domestico in cui ha rischiato di perdere un dito. «Ho avuto paura di non poter ricominciare a suonare. Ma questa è acqua passata», spiega Britti che mentre si racconta non fa altro che riscaldare le dita come se stesse preparandosi a suonare le sei corde. «Certo è un album malinconico ma come sapete, ogni canzone racchiude uno stato d'animo e un cd è un po' come un film: racchiude un momento della tua vita. Ma in questo disco, tuttavia, - spiega l'autore - quella che emerge in modo chiaro è la vena blues quella che da sempre trasmettiamo al pubblico quando suoniamo e che però, finora, non avevamo catturato al 100% in studio sacrificandola magari a favore del pop più melodico». Parla al plurale l'artista perché in questo disco, c'è una collaborazione eccellente: quella con Maurizio Costanzo, che ha scritto per lui tre singoli «... E dopo cercami», «Quanto ti amo» e «Polvere di marmo», ma che allo stesso tempo vanta per la prossima stagione con Alex la preparazione di un musical, «Lungomare», interpretato da alcuni ragazzi del programma «Amici di Maria De Filippi». «A forza di incontrarlo in televisione è nata un'amicizia - spiega Britti - Tutto è iniziato per gioco e per la comune passione a scrivere canzoni. Le amicizie nascono così, l'input è casuale, poi o ti becchi o non ti becchi. Ci unisce la passione per l'arte in generale, e pure per la Roma... Il soggetto - racconta Britti - è di Costanzo ed era incentrato sulle vicende di una comitiva stradarola, un po' coattella di Ostia. Poi è stato elaborato ed è diventato un musical». Nato e cresciuto a Roma, nel quartiere Monteverde, l'altro ieri Britti ha compiuto 37 anni e mentre ci parla del disco si raconta entusiasta. «Ho iniziato a suonare a sei anni la chitarra. La scalinata della chiesa di Monteverde il pomeriggio si riempiva di ragazzi con la chitarra. Suonavano Edoardo Bennato, Ivan Graziani, De André, De Gregori. Ero rapito, affascinato dalla chitarra e dall'individualità che permetteva. I miei mi regalarono una Eko Junior, quelle piccole, da bambini. Per un anno ci ho giocato, la suonavo come un tamburo. Poi un prete, che dava lezioni di chitarra per coinvolgere i ragazzi nella messa cantata, m'insegnò i primi accordi: un anno dopo ero insieme a lui a insegnare agli altri ragazzini. A dieci anni ho cominciato a suonare nei gruppi. A sedici un amico fonico, che aveva uno stereo spettacolare a casa, mi registrò un album di David Lindley, rock tex-mex, e lì ho scoperto l'assolo alla chitarra elettrica che per me fu come scoprire la luna». «Il chitarrista più grande? - conclude Britti - Paco De Lucia, è talmente bravo che quasi mi fa rabbia. ma non è solo un fatto di tecnica, i più bravi suonano con il cuore».