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«Enrico IV mi ha aiutato a guarire»

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L'attore uscì dalla depressione grazie al personaggio di Pirandello

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L'attore ha appena ricevuto il premio internazionale Caos 2005, davanti all'omonima abitazione pirandelliana di Agrigento, per l'attività scenica più che decennale dedicata alla drammaturgia dell'autore siciliano e dichiara la sua nostalgia per il ruolo di Enrico IV, molto vicino alle sue corde personali e in grado di rispecchiare anche i suoi aspetti melanconici superati nel tempo con l'aiuto di uno psicoterapeuta. Come si trova nei panni di Gardel? «È una follia che mi è capitata e forse chiuderà un'onorata carriera! Devo persino cantare e non so come me la caverò. Non ho cercato l'immedesimazione con Gardel che non mi somiglia neppure fisicamente e mi limito a interpretare un cantante di tango come se fossi me stesso in scena chiamato a narrare una storia. Groppali si ispira a incontri avvenuti realmente che però sviluppa creando commistioni fra vari personaggi. E' frutto d'invenzione, infatti, una chiacchierata fra Pirandello e Gardel che forse si conobbero soltanto di sfuggita in un locale di Buenos Aires. Si spiega inoltre l'impostazione lirica del tango di Gardel che amava molto l'opera italiana e apprezzava Caruso e Schipa». Qual è il suo rapporto col tango? «Sono un appassionato di questo genere musicale anche se non oso ballarlo. Lo ascolto di frequente e quando recitai l'"Enrico IV" di Pirandello con la regia di Guicciardini inserimmo un'orchestra che suonava il tango per esprimere la malinconia dell'autoesclusione del protagonista e il suo ricordo di un amore mai vissuto e appena accennato». Cosa significa aggiudicarsi il premio Caos? «Mi ha dato una forte emozione ritirarlo davanti alla casa di Pirandello, proprio dove avevo debuttato nel luglio del 1992. Credo che sia un ulteriore segnale della protezione che il drammaturgo siciliano esercita su di me da molti anni come se in cuor suo approvasse il mio rapporto teatrale con le creature della sua fantasia». C'è un personaggio pirandelliano che predilige? «Sicuramente Enrico IV. L'ho incarnato per quasi tre stagioni sfiorando le 200 repliche, senza mai annoiarmi, ma scoprendo ogni sera aspetti diversi e spesso autobiografici. Ho vissuto una forte malattia depressiva che mascheravo con il lavoro e mi identificavo con la solitudine e il dolore di Enrico IV. Era terribile riconoscere nel mio carattere combattivo e vitale una perdita così grave di energia». Chi l'ha aiutata a guarire? «Per fortuna ho avuto il coraggio di affrontare il mio disagio rivolgendomi ai professionisti. Un'amica mi ha indicato uno psicoterapeuta: mi sono affidato alle sue cure. Ora ho imparato a convivere con i miei lati oscuri e oggi so che non si tratta di un male mortale».

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