Damiano Andriano «a luci spente» nel mondo del cinema
ATTORI EMERGENTI
Nelle tre passate edizioni è stato Felicetto, il cameriere del bar situato proprio davanti al centro estetico che dà il nome alla fortunata serie televisiva. Si chiama Damiano Andriano, ha 27 anni, è originario di Bari ma da anni vive nella capitale dove ha frequentato diversi corsi di recitazione. È considerato uno dei volti emergenti del cinema di casa nostra. In «A luci spente», l'ultimo film di Maurizio Ponzi in questi giorni nelle sale, con Giulio Scarpati e Giuliana De Sio, il giovane Andriano interpreta la parte di Silvio, un fotografo che si innamora di un'assitente costumista. Il film è ambientato durante la seconda guerra mondiale, nel periodo tra l'autunno del '43 e l'inverno del '44, la stagione più dura per Roma, sotto l'occupazione nazista. Si racconta la vicenda di una produzione cinematografica che permette al regista Giovanni Forti (Giulio Scarpati) di restare a lavorare nella Capitale e non andare a Venezia, luogo in cui si è trasferito tutto il cinema italiano secondo i dettami della Repubblica di Salò. Ma la parte più importante non è naturalmente la storia che racconta la realizzazione del film quanto quello che accade intorno, per l'appunto "a luci spente". Andriani, ci racconta il suo personaggio? «Interpreto il ruolo di un ragazzo con la passione della fotografia che casualemente capita sul set del film e comincia a scattare. La forza realistica delle immagini piace molto al regista che gli propone di lavorare con lui». Così giovane e già così tanti ruoli importanti e con un cast di attori di primo livello. Quanto ha imparato da tutto questo? «Sono stato davvero molto fortunato. Dopo il "Bello delle donne" Ponzi mi ha chiamato per questo film. Scaarpati lo conoscevo già perché avevo frequentato la scuola di recitazione in cui insegna. Tra breve inizierò a girare un nuovo film accanto a Maria Grazia Cucinotta, "Volo leggero", dell'esordiente Roberto Lippolis». Cosa si sente di consigliare a un giovane che volesse intraprendere il suo stesso mestiere? «Se ha veramente la passione della recitazione o come si dice "il sacro fuoco", deve imparare ad essere tenace perché è davvero molto difficile emergere. Questo è un mondo fatto di illusioni, dove si può facilmente perdere la testa. Bisogna tenere sempre i piedi per terra». Molti pensano che fare l'attore vuol dire andare alle feste, frequentare veline e via discorrendo. È così? «Assolutamente no. Agli inizi la preoccupazione principale è quella di racimolare qualche euro per pagare l'affitto e le bollette. Non si può decidere di fare l'attore per avere la possibilità di andare in Tv o diventare famoso, si rischiano cocenti delusioni». Quest'anno sono stati realizzati pochi film rispetto al 2004. Anche tra i nomi noti ci sono difficoltà a ottenere copioni decenti. Secono lei c'è spazio, oggi, per gli esordienti? «Molto poco e me ne rendo conto. So benissimo che potrebbe andarmi bene per un paio d'anni e poi magari rimanere senza far nulla per lungo tempo. La mia passione, tuttavia, è e rimane il cinema. Se non dovessi avere fortuna come attore sono pronto a impegnarmi su altri fronti, come la produzione, ad esempio. È un'idea alla quale sto lavorando».