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«Ho riunito venti artisti per parlare della vita nelle miniere del Bresciano»

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Omar Pedrini, nato nel 1967 a Brescia, dove attualmente vive, confida ansie e paure del malore che solo una manciata di anni fa lo colpì mentre dormiva nel letto di casa propria accanto alla moglie Elenoire Casalegno. Ora si barcamena tra i corsi alle Università di Brescia e Milano, la passione per la musica, la famiglia e la nostalgia di ritornare sul palco per una, due, tre ore di filato, come accadeva cinque anni fa. Gli si incrina la voce mentre parla di Elenoire, delle visite del figlio in ospedale e delle operazioni subite, la via di fuga la famiglia, il lavoro, gli spartiti. Va alla ricerca del tempo perduto e lo fa a ridosso del Valtrompia Music Art Festival messo su sotto la conduzione artistica di Pedrini — conosciuto dai più come leader dei Timoria — che ha preso il via ieri nei dintorni di Brescia: una contaminazione di linguaggi diversi, musica, letteratura, teatro. Un Festival che ha per tema la miniera. «Ho radunato una ventina di artisti organizzando una rassegna sulla falsariga del Brescia Music Art. Un festival "a domicilio" che si adatta al posto in cui viene eseguito. Quattro giorni per rivalutare le miniere di ferro del Bresciano diventate poi industrie siderurgiche». Musica in miniera? «Sì, non tutti conoscono quelle stanze, quei cunicoli all'interno dei quali lavorarono i nostri antenati. Ora quei luoghi sono diventati musei, ma continuano ad essere sconosciuti. Noi eseguiremo concerti, reciteremo brani teatrali e leggeremo versi che, come filo conduttore, hanno la miniera, il ferro, la montagna». In particolare? «Io proporrò, oltre al mio repertorio, il brano "La miniera" dei New Trolls, anni Settanta. Ma ci sarà anche Giuseppe Cederna, che mercoledì presenterà il recital "Le mie montagne" e ancora Gardin con "Era meglio se non andavo a lavorare in miniera". La miniera, le montagne, erano fatica e lavoro. Ma anche morte, dolore, disperazione». E Leonardo da Vinci, a cui il Festival è dedicato? «Leonardo venne in questi luoghi nel Rinascimento, venne a Brescia per studiare la fusione del ferro e portarla in Toscana. Durante lo spettacolo leggeremo alcuni suoi brani tratti dal suo diario, in cui si parla della Valtrompia». Non c'è possibilità di rivedere Omar Pedrini sul palco, e quindi, i Timoria riuniti? «Dei Timoria abbiamo congelato il marchio. Quando, oltre al rapporto umano, riusciremo a riconciliare anche il versante artistico torneremo a suonare insieme. Per il momento continuiamo a vederci, ci riuniamo, chiacchieriamo di musica...». Dopo un lungo periodo di malattia e mesi interi di convalescenza Omar Pedrini, magari senza Timoria, torna sul palco. A un mese dal congelamento del gruppo avvenne l'imprevedibile, ma dalla difficoltà, a volte, nascono nuove opportunità. Cosa ricordi di quei momenti terribili? «Stavo dormendo, mi sono sentito male, ho riaperto gli occhi, ho visto un angelo. Era mia moglie Elenoire. Ero uno straccetto ma non ricordo una lacrima». Cosa ti ha spinto ad andare avanti? «La mia famiglia, tutto il resto passa, ma è la famiglia l'unica cosa che resta». Un'immagine che difficilmente dimenticherai? «Il periodo in ospedale. Le visite inaspettate. La musica di mio figlio. Faccio i conti con la morte ogni cinque minuti, ma il mio spirito è stato forte e mi ha aiutato». A quel periodo risale l'avvicinamento alle religioni orientali? «Ho sempre nutrito una forte curiosità verso l'Oriente. So che c'è un Dio, ma non so come si chiami, non se si chiami Buddah o se sia il Dio cristiano... Non cambia nulla. Sono pronto, gli ho detto. Ed Elenoire mi ha soccorso». Ed ora? «Ora sono guarito al 90 per cento, devo guarire al 100 per cento. Sono monitorato continuamente da medici bravissimi, ma sul palco riesco a stare per non più di 40 minuti». Di concerti rock, quindi, non se ne parla? «Non in questo momento. Dovrei essere in forma perfetta per poter rimanere due ore sopra il palcoscenico». Nel mentre come occupi il tempo? «Aiuto Elenoire nel suo lavoro, insegno all'Università di Milano e a quella di Brescia». Il ra

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