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Con Salazar cambiare sesso diventa un musical ironico

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Ne è protagonista un transessuale, nome d'arte Marieta, così desideroso di essere il più possibile donna da voler a tutti i costi privarsi di quei 20 centimetri nel corpo che sono rimasti l'unico residuo della sua pur già tanto precaria mascolinità. Nonostante un argomento del genere, però, che sembra citare il peggiore Almodóvar, l'esordiente Salazar, a parte qualche dialogo non certo castigato, si è tenuto abbastanza lontano da un erotismo soltanto pruriginoso e ha risolto molti spunti in una chiave scopertamente musicale, con coreografie colorate e canzoni tratte da un repertorio non proprio sboccato. Questo perché ha avuto l'idea di far soffrire la sua Marieta di una forma così acuta di narcolessia che, nei momenti meno adatti della sua esistenza spesso turbolenta, la fa cadere in un sonno profondo. Da qui un susseguirsi spiritoso di sogni che inducono la protagonista, Mónica Cervera, una donna autentica con un naso simile a quello di Barbra Streisand, a cantare e a ballare nelle situazioni più disparate. Sull'onda di «Parole, parole», infatti, vagabonda con le prostitute per le strade di Madrid, o recitando e rivivendo altre canzoni note si sposa con un velo bianco, si lamenta di dover sempre fingere - in fatto di sesso - si accompagna a dei barboni che si sono trasformati e, finalmente, dopo l'intervento chirurgico, si esibisce in focosi do di petto per dare l'addio a quanto le restava di maschio per porgere il benvenuto a quella donna pseudo completa che da quel momento sarà Marieta. In mezzo, da sveglio, si segue il travestito nella sua ricerca di denaro per poter pagarsi l'intervento, tra una piccola fauna di amici, clienti, vicine di casa. Tutti con segni se non proprio caricaturali, certamente quasi ironici, pur con concessioni varie al Kitsch. Il risultato in qualche momento, può riuscire a divertire. Film d'esordio anche «Mirrormask» dell'inglese Dave McKean. Il suo autore viene dai fumetti ed è stato illustratore di libri per bambini, così ad ogni scena il suo gusto per le immagini si vede, specie quando tendono alla favola. Sogni anche qui, di una bambina, però, che lavora in un circo equestre e che, fuggendo mentre dorme di quella sua vita d'ogni giorno, già piuttosto stramba, penetra in un mondo totalmente di fantasia popolato d'ogni sorta di mostri, alcuni buoni e protettivi, altri feroci. Questi ultimi, però, non avranno la meglio perché, come Alice nel Paese delle Meraviglie, anche a questa bambina sarà concesso un roseo lieto fine. Con molti colori e sapori. Il racconto qua e là non convince, ma alla sua visionarietà si può dar credito. Almeno parzialmente.

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