Jelmoni: con Katia faccio Cavaradossi più tranquillo
Nella suggestiva cornice del teatro marchigiano, spicca la presenza di un tenore d'eccezione: Alberto Jelmoni, nato quarant'anni fa a Piacenza. Sotto la guida del maestro Angelo Bertacchi ripercorre le orme dei suoi illustri tenori concittadini, Gianni Poggi e Falciano Labò. A Macerata, Jelmoni darà corpo al pittore Cavaradossi, ruolo che ha già portato in scena con successo nel 2004, ottenendo onori e riconoscimenti in Russia ed Olanda. Questi successi hanno convinto anche i critici più restii alle novità, a reputare Jelmoni come il "nuovo Pavarotti". «Il paragone mi lusinga e mi inorgoglisce - replica Jelmoni - ma ogni voce ha la sua storia». E la sua è vicina alla definitiva consacrazione. Tuttavia, lo stuzzichiamo sugli aspetti divistici dalle grandi voci del passato, dalla Callas a Di Stefano, sottolineando come talvolta le loro esibizioni mondane divistiche prevalessero quelle teatrali. «Colpa del pubblico e qualche volta della stampa - precisa Jelmoni - entrambi incapaci di valorizzare, non i loro flirt ma il maniacale perfezionismo che ha loro concesso, legittimamente, di passare alla storia della musica. Anche i cosiddetti "tre tenori" (Pavarotti, Carreras, Domingo) malgrado siano stati commercializzati, e spesso cavalcati, dalle case discografiche, al fine di lanciare eventi per il grande pubblico, sono rimasti fini esecutori, dei raffinati professionisti innamorati del loro lavoro». Quando torniamo a conversare sulla prima allo Sferisterio, percepiamo, nelle sue parole, l'attesa serena di chi nutre grande confidenza con il ruolo di Cavaradossi e ha un'assoluta fiducia nel lavoro di allestimento del regista Antonio Latella. «Sento profondamente Puccini - precisa Jelmoni - e adoro dare voce ai suoi personaggi soprattutto perché mi sono sempre ritenuto un interprete drammatico». Jelmoni è a suo agio anche con le atmosfere verdiane, ma si dice irresistibilmente attratto dalla profondità del compositore toscano. A consolidare le sua tranquilla vigilia c'è poi la rassicurante presenza di Katia Ricciarelli, «capace di darmi sicurezza, poiché, da grandissimo soprano quel è stata, riesce a cogliere con sensibilità le sfumature della professione». Jelmoni racconta: «La vidi per la prima volta a undici anni impegnata in una magistrale interpretazione nella "Traviata", e ne rimasi affascinato. Oggi mi gratifica poter collaborare con lei, intrecciando la sua esperienza con la mia».