Bergomi: «Con la scultura descrivo la vita»

Sono nate da quel momento «Valentina in piedi», «Ilaria con testa reclinata», «Alma con collana»: i bronzi policromi di Bergomi ora in mostra a Roma, al Chiostro del Bramante, fino al 4 settembre. Una galleria di personaggi colti nell'atto quotidiano, intimo e privato, che per la loro esecuzione magistrale rimandano alla migliore tradizione plastica italiana. Capito che la scultura era la sua naturale possibilità espressiva, il passo successivo è stato quello di elaborare una tecnica fino ad allora sconosciuta. «Non sapevo fare quasi niente ed è stato un susseguirsi di scoperte. Prima, quando dipingevo ero sempre nervoso e scontento. Alle prese con la scultura, anche se lavoravo dodici ore, ero felice». Bergomi, cinquantaduenne, è considerato da molti un vero maestro, nonostante le sue opere, sottolinea il critico Philippe Daverio, non siano invitate alla Biennale nè diano l'estro a performance provocatorie. Per fortuna o purtroppo, l'arte dello scultore bresciano è fuori dal coro, dagli schiamazzi del mercato. Respira, apprezzata e richiesta, nella campagna lombarda verso il lago d'Iseo, nella casa di Ome, nutrita da affetti familiari e passione. «Ho iniziato nei primi anni Settanta, dopo aver visto a Milano una mostra dedicata appunto agli artisti iperrealisti - spiega Bergomi, andando indietro, ai suoi esordi artistici - Però non ero soddisfatto di quello che facevo. Mi ero infatuato dell'iperrealismo, perchè cercavo la buona pittura, ma era tutto un equivoco. Mi sentivo schiavo della fotografia. Per un pittore è un nodo scorsoio, in quanto ti dà l'idea che sia già tutto risolto». Il momento risolutivo arriva invece al Beaubourg di Parigi, quando l'artista scopre la citata scultura di Gutfreund e capisce che quella era la sua via d'uscita per trovare un linguaggio espressivo adeguato alla sua "urgenza d'arte". Bergomi non usa mezzi tecnici, perchè trasformano le figure in «piccoli fantocci», si serve della creta, dal momento che «la scultura è modellare». Gira intorno ai soggetti per una decina di minuti plasmando quel «materiale insuperabile» e non tortura con ore estenuanti di posa le sue modelle, prevalentemente la moglie Alma e le figlie Valentina e Ilaria, delle quali ha descritto la crescita, l'evoluzione del corpo e del carattere con magnifici ritratti. Bronzi policromi che sembrano terrecotte di Luca della Robbia, che demandano la forza del metallo solo all'aspetto conservativo. «Sono passato al bronzo perché con la terracotta, con la quale ho cominciato, queste caviglie così sottili si spezzerebbero facilmente durante un trasporto».