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Roma incantata dalla più potente band del mondo Il rosario di Wojtyla sul microfono di Bono

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A volte non riesco a toccarlo, e mi sento solo. Gli chiedo dove sia andato. Lui mi risponde: "dove sei andato tu? Io non mi sono mosso"». E ogni cosa si chiarisce, nelle parole di Bono all'amico Michka. È dalla depressione che di tanto in tanto morde le sue braccia d'artista, che questo benedetto furore ha tratto origine. Il palco più imponente della storia del rock, e il progetto - la pretesa - di salvare un pianeta che si allontana nel buio, come una biglia scappata di mano a un ragazzino. Solo tre settimane fa, sembrava tutto sotto controllo: il piano era dare cibo agli affamati, e quella maglietta con il segno del bersaglio che il cantante indossa in scena simboleggiava l'Africa. Cancellate i debiti, moltiplicate gli aiuti, distribuite le risorse. Era appena il 2 luglio, Bono inaugurava il Live 8 con l'espressione sorniona di un Churchill dopo la resa dei nazisti. Londra viveva un giorno di piccola gloria, senza angoscia nè trepidazione. Ora invece quel target sul petto della star confonde e inquieta. Le metropolitane, il bus, Sharm el Sheik. La biglia rotolata via mostra nuove spaccature. Per gli U2 questo tour sontuoso diventa un'odissea sulla Terra. E quanta voce occorre, quanto potente sarà l'amplificazione, quanto abbaglianti le luci per rassicurare tutti, e continuare a tuffarsi nel lago di quei sogni che possono rivelarsi miraggi. Da Nord a Sud, in questo continente spaurito dove, a settantamila per volta, le facce del pubblico sembrano ovunque sempre più attonite, pur dolcemente estasiate dalla malìa del grande pop. Stavolta, è lo struggente tramonto dell'Olimpico a fare da quinta naturale al techno-attack degli irlandesi: con l'ouverture dello show affidata alle armi della musica, ma senza troppi effetti speciali. Via allora con l'ipnosi di "Vertigo", il tributo agli anni verdi in "I Will Follow" (che il ragazzino Bono dedicò alla mamma prematuramente scomparsa, e quanto amore nel portare il compianto per i genitori di fronte a queste platee ficcanaso); e poi la furia di "Electric Co.", il rapimento sensuale di "Elevation" (con un ragazzo tirato su dal prato fin sulla passerella, per tradurre quel che gli dice Bono all'orecchio, cioè che questa è una notte da innamorati per irlandesi e italiani), la rabbia dolce della classica "New Year's Day", (tutti con le mani al cielo e non è una resa) e il break impressionante di "Beautiful Day" immersa in sottofinale nell'acqua sacra della beatlesiana "Blackbird": come una ricognizione per quello che, più tardi, si trasformerà in un video-concerto a tema, in un live-kolossal del Ventunesimo Secolo. Prima, però, tutto lo stadio intona il gospel della ricerca di un senso, ed è la missione di "I Still Haven't Found What I'm Looking For" («Grazie per averci dato questa vita così bella», sussurra Bono ai fans), che cede il passo alla serenata di "All I Want Is You". Tutti officianti, un solo rito. La fantasmagoria luminosa, alle spalle degli U2, si inaugura con "City Of Blinding Lights", e quella che dapprima pare psichedelia kubrickiana si rivela poi il supporto d'immagine per un plot artistico & politico di devastante impatto. Ecco il tributo agli scienziati, ai medici («e alle infermiere») che salvano vite innocenti in "Miracle Drug": e i farmaci non sono più solo quelli necessari per i diseredati che nei Paesi poveri muoiono a migliaia per zanzare killer, Aids, carestie, ma anche quelli che negli ospedali del mondo vicino servono per le vittime degli attentati. Bono tace la differenza, ma accoglie tutti in questo viaggio al termine della notte. «Verso un futuro migliore», e vedi dietro a lui l'elica del Dna, le staminali, la vita che si forma. E che si spegne. Perchè c'è da elaborare un altro lutto privato: parte "Sometimes You Can't Make It On Your Own", e quella gigantesca silhouette umana che cammina da sola è l'ombra di Bob Hewson («Un tipo tosto, un lavoratore che amava l'opera»), padre del leader del gruppo. Ma è, in filigrana, anche l'elegia di una solitudine t

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