Cenerentola rossiniana in fiaba
Nel Teatro Comunale di Todi, il capolavoro rossiniano del 1817, uno dei culmini dell'opera buffa italiana su testo di Ferretti - in cui la favola di Perrault è trasportata in una famiglia nobiliare del Settecento, con un Don Magnifico che per ripianare i suoi conti cerca di accasare le figlie col Principe di Salerno - è stato restituito all'origine fiabesca dalla Marchini. Dedicato ai bombi, la regista lo ha immerso in un clima fantastico - dalla porta centrale uscivano i personaggi del «meraviglioso» infantile: la veste da ballo e la carrozza di Cenerentola scendevano dall'alto, in una pioggia d'oro e di stelle con l'aiuto dei costumi basati sulla comicità rossiniana e della gioiosa scenografia di Pasquale Grossi. Giovanili le voci del cast: quella densa, sicura nelle difficoltà belcantistiche ancorché talora gridata di Alessandra Palomba (Cenerentola), quella trasparente e sopranile negli altissimi acuti di Giovanni Botta (Don Ramiro), quella potente e soverchiante del baritono coreano Leo An (Alidoro), quella di Bruno Taddìa (Dandini). Diseguali le voci delle sorellastre Astrea Amaduzzi e Silvia Ragazzo, bravissime però nella mimica. Perfetto vocalmente e scenicamente Salvatore Salvaggio, Don Magnifico in panni di iperbolica comicità. La direzione di Pietro Rizzo dell'Orchestra Mozart Sinfonietta ha dato prevalenza ai valori ritmici e unità espressiva. Mancava il programma di sala, ma caloroso e meritato è stato il successo di pubblico.