«Voglio incarnare i suoi versi»
Stasera a Taormina nello spettacolo dedicato alla scrittrice milanese
Una partitura drammatica costruita attraverso la produzione letteraria di una delle più interessanti voci del Novecento diventa l'incontro con un'attrice sensibile, affascinata dalla bellezza della parola poetica e dall'altezza dei suoi contenuti esistenziali. Mita Medici, reduce dal ruolo di Clitennestra incarnato in una sintesi del ciclo dell'"Orestea" e impegnata nelle riprese della fiction "Un ciclone in famiglia 2" diretta da Carlo Vanzina, ha lavorato con entusiasmo speciale a questo progetto teatrale che rende il giusto omaggio a una poetessa candidata al Nobel e al tempo stesso costretta a combattere con l'imminenza dello sfratto dalla sua abitazione milanese. Come è nata l'idea dello spettacolo? «Tutto è cominciato due anni fa dalla lettura delle poesie di Alda e dall'insistenza di un mio amico che mi sollecitava a interpretarle. Ho voluto allora approfondire la conoscenza dei testi e completarla con l'incontro diretto della donna che li ha elaborati. Un pizzico di magia ha dominato gli eventi. Sono andata a visitarla e mi sono subito innamorata di lei sul piano estetico e spirituale. E' stata un'agnizione a livello di simpatia e di comprensione. Forse ci siamo già frequentate in un'altra vita!». Quali aspetti di Alda Merini l'hanno colpita? «Mi piace la sua passione indomabile per la vita e per l'amore, coltivati con inesausta curiosità. La sua assoluta libertà di espressione a dispetto di tutte le vessazioni e le ingiustizie subite come il suo rifiuto di autocommiserarsi mi hanno profondamente toccato. Il mio lavoro teatrale vuole allora anche denunciare l'assurdità della sua attuale condizione: una persona come lei, candidata al Nobel, deve lasciare la sua casa. Già le hanno svuotato il solaio con i suoi carteggi. Trovo che avrebbe diritto di scrivere in pace e di vivere serena». C'è un passaggio dell'allestimento che privilegia? «Il gioco di emozioni creato attraversa momenti divertiti e sfiora argomenti fondanti. Considero particolarmente interessante la sua descrizione della morte dell'anima come limite umano peggiore della stessa morte. La sua esperienza di essere rianimata dopo un infarto è ritenuta infatti meno terribile del dolore provato per tragici strappi affettivi. La separazione dalle figlie prima del ricovero, la perdita di figure basilari come la madre, Montale o Quasimodo e infine la sua volontà di resistere a ogni forma di sopraffazione sono temi quotidiani che si mutano in meditazioni di enorme portata». Cosa significa recitare il linguaggio della Merini? «Sentirsi in una culla di emozioni, pensieri, ironia e ribellioni senza mai piangersi addosso».