Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Renate Dorrestein e i giochi scomodi nei campi della crudeltà

default_image

  • a
  • a
  • a

Il nuovo romanzo di Renate Dorrestein, Un campo di fragole (Guanda, pp.306, 15,50 euro) nasce da un fatto di cronaca: «una madre ha trovato nelle tasche dei vestiti della figlia biglietti su cui erano scritte minacce molto forti da parte di altri bambini», così ci ha raccontato l'autrice, «e uno di quelli l'ho riportato nella mia storia». La vicenda ha come protagonista Loes, una bambina che vive insieme alla madre e a due amici di questa, Luud e Duuc. Stringe amicizia con Thomas, ben presto orfano: suo padre viene ucciso e trovato esanime con una matita conficcata in un occhio. La famiglia, come istituzione, diventa un contenitore di veleni che ne scardinano i più onesti presupposti e un "laboratorio" di violenze e atroci segreti. Quale motivo La sollecita a interessarsi della famiglia nei suoi libri? «La famiglia è un microcosmo fondamentale nella società dove avvengono giochi di potere e crudeltà che cerco di scrivere sempre in modo esplicito». Quindi la Sua è una scrittura che si presta a evidenziare la realtà dei fatti? «Io preferisco il linguaggio schietto e funzionale per arrivare direttamente al lettore. La scrittura deve provocare emozioni che colpiscano la sensibilità di chi legge». Quale tecnica ha usato per descrivere scene di sesso? «È la prima volta che mi sono cimentata nel descrivere un rapporto sessuale. Non nascondo che ho provato pudore e timore, ma li ho superati risolvendo tutto in chiave umoristica». Quanto c'è di autobiografico nel suo romanzo? «Mi ritrovo sempre in ogni mio personaggio. D'altronde non si può scrivere senza mettere qualcosa di se stessi». Renate Dorrestein sa narrare con la sapienza di chi, attraverso il racconto, riesce a svelare i misteri dell'essere umano. E il lettore resta avvinto a questa storia dalle tinte gialle, e assiste commosso alle quelle dinamiche esistenziali legate al "focolare domestico", croce e delizia di ognuno di noi. Quando ha scoperto la passione per la scrittura? «A sei anni, non appena ho imparato a scrivere. Frequentavo una scuola di suore cattoliche che ci insegnavano con il metodo mamma è stanca: in olandese questa frase è scritta con lo stesso termine ma ripetuto due volte seppur con significati completamente diversi. Per me è stato folgorante, da lì ho capito le infinite possibilità che offrono le parole per raccontare». La nostra autrice scrive sempre ascoltando la musica. Per "Un campo di fragole" ha scelto Nick Cave. Ma ci confessa che per il romanzo "Questo è il mio corpo", si è ispirato a un dipinto di Andrew Wyeth: in una prateria, una donna cammina carponi per raggiungere una casa situata in cima a una collina. Non ama il cinema perché «le cose si presentano troppo esplicite», ma è appassionata dei libri di Kurt Vonnegut perché «riesce sempre a esprimere le atrocità con un forte senso di umorismo». Una curiosità: Renate Dorrestein colleziona aquiloni e ci gioca. Le piacciono così tanto? «Sì: non fanno rumore, stai fuori, il vento ti porta ovunque, gli altri intorno a te si divertono e non hai bisogno di frequentare una palestra». Un consiglio a un giovane scrittore che voglia esordire? «Deve pensare alle emozioni del lettore, mai alle proprie». Un libro da segnalare per l'estate? «"Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" di Marc Heddon». Lei è capace d'amare? «Ho impiegato tempo, ma ci sono riuscita».

Dai blog