«In Italia lavorano solo le Veline»
Alessandro Gassman è in attesa dell'uscita francese di «The Transporter 2», spettacolare action-movie internazionale girato a Miami, sceneggiato e coprodotto da Luc Besson, in cui interpreta un cattivissimo co-protagonista accanto a Jason Statham. Nel cast anche Matthew Modine. Insomma, i nostri migliori artisti sempre di più costretti ad emigrare all'estero per trovare produzioni all'altezza delle loro capacità e notorietà, sulla scia delle esperienze già fatte da Monica Bellucci, Ornella Muti o Claudia Cardinale, che hanno acquisito una consolidata fama fuori dall'Italia? L'andazzo, a quanto pare, sembra proprio questo. Nel Bel Paese le mega produzioni si contano sulle dita di una mano, così come i registi di un certo calibro con i quali un attore vorrebbe lavorare. La crisi incombe, la Tv è inflazionata, i ruoli degni di essere chiamati tali sempre più risicati. Ed allora cosa si fa? Si cercano altri lidi. Se questo è vero per i grandi nomi del nostro cinema, figuriamoci per la più nutrita schiera di attori e attrici che, pur operando da anni nel settore e acquisendo notevole esperienza, non hanno ancora raggiunto la notorietà. Proprio in questi giorni si sta girando a Roma il sequel di un thriller fantapolitico che in Russia ha riscosso un grosso successo di pubblico, «Signor giudice 2», del regista Arkady Kordon. Coprodotto dalla Etalon Film e da Alessandro Carella per la Greenlight Production, le riprese del film sono iniziate lo scorso 6 luglio nella Città Eterna tra Colosseo, Eur e aeroporto di Fiumicino. Il cast è completamente russo, ad eccezione della protagonista, tutta italiana, Daniela Alviani. Sceneggiattrice, attrice, regista, l'Alviani è più conosciuta all'estero che da noi, nonostante vanti un discreto curriculum. 30 anni, laurea in Lettere e Filosofia alla Sapienza, corsi di recitazione e regia all'Actor's Studio di New York, protagonista femminile di «Forgotten City» del regista Gordon Booss, varie apparizioni in numerose fiction, da dieci anni vive tra Roma, Los Angeles e New York. «In America la gente mi riconosce per strada, in Italia no. È questo il paradosso - dice Daniela Alviani, che questa mattina sarà al roof garden dell'hotel Forum per girare la scena clou di «Signor giudice 2», nei panni di una manager che ha ereditato un impero editoriale e che aiuta un oligarca russo a sovvertire il potere comunista nel suo paese - Praticamente mi hanno scelto per questa parte a New York, perché il regista aveva visto il mio film "Zana", presentato fuori concorso a Venezia. In America non servono le raccomandazioni o essere una velina oppure la fidanzata del calciatore di turno. Lì ci vogliono capacità e professionalità, altrimenti si è fuori gioco». Ingaggiata solo per merito, quindi? «Certo. Non è come in Italia dove si lavora solo se si è raccomandati e dove avere un codice morale è una specie di peccato mortale. Negli Stati Uniti, proprio perché il cinema è considerato un'industria, prevalgono ben altri valori. Da noi basta qualche apparizione in Tv per essere considerata la nuova Sophia Loren. E i finanziamenti pubblici per il cinema vengono dati solo ed esclusivamente ad alcune produzioni per fare film che non usciranno mai o che andranno a vedere in tre persone».