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Corsato, l'eterno esordiente

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Nel mondo dello spettacolo dal '90 è sempre considerato un «giovane»

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Ma a lui non dispiace. Il suo carattere solare e tollerante non si incrina sulle "note critiche" che accompagnano il suo nome, "ma guarda e passa". Il suo mestiere gli ha insegnato a convivere con la competitività quotidiana e con l'imprevisto. Bello, aitante, sguardo magnetico e accattivante colore del cielo, Corsato percorre con umiltà e impegno la sua strada. Nessuna ruga di dubbio gli traversa la fronte. Lui va avanti, con fede e dignità, verso la meta perseguita. Ed è proprio il suo atteggiamento, schivo da ogni invadenza e arroganza, a catturare l'interesse di Carlo Verdone, che gli dà la prima occasione importante per dimostrare le sue doti artistiche, offrendogli un ruolo di tutto rispetto in, «Ma che colpa abbiamo noi». E Rodolfo supera brillantemente l'esame, tanto che Verdone lo vuole di nuovo con sé sul set di «L'amore è eterno finchè dura». E poi fu Marco Tullio Giordana che realizzò il suo sogno scegliendolo come co-pratogonista nel suo ultimo film, «Quando sei nato non puoi più nasconderti», che lo conferma attore dopo il successo di «Manuale d'amore» di Giovanni Veronesi. L'attore è al momento in Ungheria, impegnato sul set della fiction televisiva diretta da Alberto Negrin, «Gino Bartali: l'uomo d'acciaio», in cui interpreta il ruolo di Alfredo Binda, uno dei più grandi campioni della storia del ciclismo italiano, all'epoca di Girardengo e Guerra, che diverrà la guida artistica-spirituale di Bartali. A quando risale la sua vocazione artistica? «Io sono originario di Padova, ma sono cresciuto a Rovigo. A diciotto anni facevo parte del coro della mia città, un coro importante alla stregua dell'Antoniano, come voce solista. Da allora ho iniziato a muovere i primi passi in teatro, per passione e curiosità, senza alcuna presunzione di diventare attore. A diciannove anni mi sono trasferito a Bologna dove per due anni ho lavorato in uno spettacolo teatrale. Ornai la mia decisione era presa e la sorte tentata. Feci quindi un provino alla "Bottega" di Vittorio Gassman a Firenze dove fui scelto, vincendo la borsa di studio. Lasciai Bologna per Roma dove lavorai al Teatro Quirino nell'ultimo spettacolo di Paola Borboni con la regia di Mario Luzi. Poi ho iniziato a lavorare per la televisione in una delle puntate di "Bianco e nero", film ideato da Enrico Mentana che raccontava fatti di cronaca vera, in cui interpretavo un alcolista». Perché le "affibbiano" sempre il ruolo del cattivo, dell'alcolista, o del play-boy cinico e superficiale, lei che ha un volto "da buono"? «Immagino che sia perché i ruoli da buono siano sempre già coperti e quelli da cattivo meno richiesti!». Dopo tutta questa gavetta, quante volte ha avuto l'istinto di mandare tutto a quel paese? «Le delusioni e le disillusioni sono state tante, ma ho sempre resistito alla tentazione di abbandonare il mio cammino grazie alla fede nel perseguire il mio ideale. "Non è importante conseguire la meta, ma l'impegno nel conseguirla". Non so chi l'abbia detto, ma rappresenta il mio pensiero». La nostra conversazione è interrotta dall'arrivo di un sms sul cellulare di Corsato: «Ho visto il film di Giordana. Complimenti! Sei molto bravo!» Firmato: Carlo Verdone.

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