Tra tanti film ce ne sono anche di buoni
Si può parlare di crisi, che c'è e si vede, perchè la gente va meno al cinema, per pigrizia o perchè oggi con la pirateria i film arrivano in dvd quasi prima di uscire sul grande schermo, ma è sempre una grandissima industria, almeno fuori dall'Italia, tutto il resto appartiene ad opinioni personali». Dante Ferretti, premio Oscar 2005 per le scenografie di «The Aviator» di Martin Scorsese, non condivide il pensiero di Pasquale Squitieri che qualche giorno fa, su questo giornale, scriveva di un cinema finalmente morto «dopo una lunga e costosa agonia». Dunque niente morte del cinema, nemmeno apparente? «Se il cinema è morto io non me ne sono accorto. Si potrebbe parlare di coma forse, ma neppure profondo, visto che resuscita diverse volte all'anno. E poi a un certo punto le opinioni sconfinano nel gusto personale. Io sono da sempre innamorato del cinema, lo adoro. Certo è un mezzo di comunicazione mondiale, e tra tanti film ce ne sono di belli e di brutti, ma questo è normale». Cosa si aspetta quindi dalla 61esima Mostra Internazionale di Cinema di Venezia dove arriverà come presidente della giuria? «Spero di vedere dei bei film, tanto per rimanere in tema». Quale la prima cosa che ha pensato all'annuncio dell'Oscar vinto dopo ben sei nomination? «Meno male. Questo ho pensato. Finalmente basta a domande del tipo "Come mai ancora non te l'hanno dato?"». Chissà che il film di Brian De Palma appena finito di girare non ne porti un altro. «È un film ambientato nella Los Angeles degli anni '40 che però abbiamo girato parte in Bulgaria e parte a Los Angeles». Perchè in Bulgaria? «Perchè lì tutto costa di meno, e dunque il produttore decide di girare dove gli conviene, anche se secondo me i film andrebbero girati nel luogo di origine, è una questione di atmosfera». Continuerà a lavorare con registi americani? «Il problema è che purtroppo in Italia è quasi impossibile lavorare. Da una parte la crisi che ha investito il settore, dall'altra il fatto che nel nostro Paese i film si girano per strada, non hanno bisogno di grandi scenografie. Questo non vuol dire che non lavorerei qui se mi chiamassero e se ne valesse la pena». Dire Hollywood è come dire cinema. È ancora così? «Hollywood è l'industria del cinema, col valore aggiunto del mito. Ed è un'industria dalle basi solide nonostante qualche flessione degli ultimi tempi: esportano il loro prodotto in tutto il mondo, hanno divi di fama mondiale. In Italia è diverso. Il nostro è un prodotto più nazionale, in un certo senso più artigianale. Poi certo, questo significa anche che abbiamo il cinema d'autore, ma Hollywood è un'altra cosa». Quanto contribuisce tutto ciò che ruota intorno allo star system? «Molto, è innegabile. In America la promozione diventa quasi più importante del prodotto. E il sogno americano è quello che ancora vive di miti come Marlon Brando, Cary Grant, Marylin Monroe e che oggi ingrossa le file del mito con tanti altri nomi, troppi anche per essere citati, da De Niro a Pacino, da Cruise a Pitt, dalla Roberts alla Kidman». Com'è Ferretti scenografo? «Pigro. Faccio bozzetti grandi perchè è più semplice che farli piccoli. E quando devo lavorare alla scenografia di un film comincio subito, così almeno mi tolgo il pensiero».