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Premiata la Ralli: «In Italia ci sono tanti nuovi talenti»

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Ieri, nel Castello Ducale di Fiano Romano, Giovanna Ralli è stata festeggiata, alla presenza di Gianni Borgna, Gigliola Fantoni, Franco Giraldi, Mario Monicelli, Ettore Scola e Enrico Vanzina, che hanno presentato un collage dei suoi film più rappresentativi. Signora Ralli, nella sua carriera ha lavorato in circa cento film ed è apparsa sul grande schermo a soli 8 anni, nel 1943, ne "I bambini ci guardano" di De Sica: quali sono oggi i suoi ricordi più belli? «Sono tanti, è difficile isolarne uno soltanto. Dopo quella prima apparizione, lavorai in teatro con Peppino De Filippo, finchè Alberto Lattuada mi scelse per "Luci del varietà": avevo 15 anni e sono addolorata per la recente scomparsa di Alberto. Era un grande maestro, rigoroso ed esigente. Mi ricordo che quando mi vide per la prima volta mi chiese: "Vuoi davvero fare del cinema?". Mi mise davanti a una scelta e io, da ragazzina inconsapevole quale ero, risposi: "Ma quanto pagano?"». A quale dei suoi tanti personaggi è più legata? «Sicuramente a Elide, la grassa e goffa moglie che muore per amore del marito cinico e ambizioso (Vittorio Gassman) in "C'eravamo tanto amati" di Scola. Per me, Elide è una persona cara, un'amica, una parente, e non so il motivo di questo legame. So solo che a casa mia, insieme alle foto della mia famiglia e dei nipotini, c'è pure quella di Elide». Lei ha lavorato molto nel cinema, come in teatro e in tv: dove le piacerebbe oggi recitare? «Mi piacciono le belle sceneggiature. Certo, il cinema conserva sempre il suo grande fascino, anche se ora sta morendo a causa della tv. Prima si facevano 300 film all'anno, per il 2006 ne hanno annunciati 19. È terribile, ma sono sicura che il cinema si riprenderà. Ho lavorato con i più grandi registi: da Fellini a Rossellini, da Scola a Monicelli, fino all'ultimo film dei Vanzina, "Il pranzo della domenica", e sarebbe assurdo essere adesso testimone della fine del cinema italiano». Ma non crede che oltre che dalla tv la fine del cinema sia stata decretata anche dalla mancanza di talenti? «Sicuramente no, di talenti ce ne sono, ma non si può ignorare il fatto che in Italia non si fanno più film: non credo solo per mancanza di soldi o di carenze dell'industria cinematografica, ma soprattutto perchè la televisione impera. Così l'invasione americana nelle sale si è aggiunta alle proposte del piccolo schermo. Inoltre credo siano cambiati profondamente i costumi italiani: una volta si andava al cinema per evadere, per sognare io uscire con la fidanzata, oggi si preferisce stare in casa, tra divani e dvd».

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