Cerami: «Che bello essere campione di eclettismo»
LO SCENEGGIATORE SI CONFESSA
E fu proprio il grande intellettuale che nel '66 lo volle accanto a sè come aiuto regista di «Uccellacci e uccellini». Poi scrisse il suo primo romanzo «Un borghese piccolo piccolo», che l'anno dopo si trasformò in un film che ha fatto la storia del nostro cinema, diretto da Mario Monicelli ed interpretato da Alberto Sordi. Ma Vincenzo Cerami non è solo questo. Artisticamente, collocarlo da qualche parte è quasi impossibile. Poeta, romanziere, autore di teatro, sceneggiatore, ma anche compositore di canzoni con Nicola Piovani, recentemente ha scritto i testi di un fumetto di Milo Manara. Ha appena terminato di girare con Roberto Benigni «La tigre e la neve», il nuovo film del regista toscano che hanno ancora una volta scritto insieme dopo i successi de «Il piccolo diavolo», «Johnny Stecchino», «Il mostro», «La vita è bella». Un talento a tutto campo. Non solo, è anche uno degli autori del nuovo programma televisivo di Adriano Celentano che partirà su Rai Uno il 6 ottobre. «Mi piace essere un prestato. Saltare da un ambiente all'altro. È quasi una necessità. Ho dentro di me una poetica che spinge per uscire. Ogni volta sento di dover descrivere il tempo che passa, quello che rimane e ciò che scompare», ha detto Cerami in occasione della presentazione di «Cinenostrum», la prima edizione della rassegna sul cinema mediterraneo, che gli dedica dal 9 al 16 luglio nelle Terme Romane di Santa Venera al Pozzo in provincia di Catania un'ampia retrospettiva di film da lui sceneggiati. Cerami, che posto occupa il cinema nella sua vita? «Un terzo della vita creativa della mia giornata, i restanti sono per la letteratura ed il teatro». Per la prima volta le dedicano una retrospettiva. Come si sente? «Tutto è iniziato quando mi hanno fatto commendatore, immaginandomi un tipo con le bretelle e la forfora. In genere questo genere di omaggi si fanno ai defunti o a chi è molto vecchio. Comunque mi incuriosisce sapere cosa diranno di me Bellocchio e tanti altri amici con i quali ho collaborato». A proposito di amici, come è nato il sodalizio artistico tra lei, Benigni e Piovani? «Per caso. Benigni l'ho conosciuto tramite i fratelli Bertolucci, all'inizio eravamo solo amici. Invece con Piovani ci frequentiamo fin da quando eravano entrambi studenti. Tendo a lavorare con persone che mi piacciono». In Italia, ormai, non esistono quasi più gli sceneggiatori puri. Come mai? «Posso solo dirle che in America sono pagati meglio dell'attore famoso, perchè hanno capito che la storia è fondamentale. Il vero film è il copione non le immagini». Con quale giovane regista lavorerebbe oggi? «Purtroppo i registi che ho amato sono tutti scomparsi. Dalla nuova generazione mi aspetto che qualcuno un giorno mi cerchi con la voglia di scrivere un film che dia importanza alla storia, che abbia un sentimento civile. Lo spettatore deve guardare a ciò che accade all'interprete, inserito in un contesto sociale ben determinato». I suoi film spesso all'inzio sono stati stroncati dalla critica, poi rivalutati nel tempo... «È vero. Ad esempio ho firmato lo script di "Casotto" inseme a Sergio Citti. La critica all'epoca lo massacrò. Per molto tempo, vergognandomi, evitavo di inserirlo nel mio curriculum, anche se pensavo fosse un capolavoro. Grazie ad Enrico Ghezzi oggi è un film riscoperto».