Domingo: «Dirigere è meglio che cantare»
Si annunciava in Campidoglio, da parte del sindaco Walter Veltroni, del soprintendente del Teatro dell'Opera Francesco Ernani, del direttore artistico Mauro Trombetta e altre autorità, la stagione estiva del Teatro dell'Opera nelle Terme di Caracalla: Placido Domingo vi è impegnato come direttore dell'orchestra del nostro ente lirico in «Aida» di Giuseppe Verdi, il 23-24-27 luglio (poi sino al 4 agosto subentrerà Giovanni Reggioli), con un cast imponente, che prevede tre e anche quattro cantanti a turno per ogni ruolo principale. «È un'opera grandiosa che sembra concepita appositamente per lo spazio archeologico senza eguali delle Terme di Caracalla», dice subito Placido Domingo, dall'alto della sua esperienza di tenore che ha cantato in 119 ruoli diversi, che Zeffirelli ha voluto per i film «Traviata» e «Otello» di Verdi, che al Metropolitan di New York è ormai presente per la 34ma stagione consecutiva, e che attualmente è direttore artistico della Los Angeles Opera e della Washington Opera, che coproduce con l'ente lirico capitolino questa «Aida». Cosa dobbiamo a questa coproduzione? «Un'Aida nuova, una sorpresa di forte impatto con aspetti scenografici e costumi bellissimi». Ha un ricordo particolare dell'Opera di Roma? «Cinque anni fa vi ho diretto "Tosca" di Giacomo Puccini con la regìa di Franco Zeffirelli: un'esperienza indimenticabile». Ma cosa è per lei Caracalla? «Oltre che un sito magico come l'Arena di Verona, è soprattutto il luogo in cui nel 1990 tenni il famoso concerto dei tre tenori, insieme con Luciano Pavarotti e José Carreras, che fu per tutti e tre un momento artistico fortemente gratificante: il concerto doveva restare uno solo, invece ne facemmo più di trenta nel mondo per la grande richiesta. Ma quella serata fu unica e tuttora la ricordiamo come "il concerto di Caracalla", che abbiamo anche tentato di ripetere, invano, in questi quindici anni». Ma ora «Aida» non è da meno: come l'avete concepita? «Proprio perché le Terme di Caracalla sono un luogo unico al mondo, occorre non essere invasivi nei confronti delle persistenze archeologiche, come da accordi presi con la Soprintendenza: del resto disponiamo di due torri autonome per l'impianto acustico e di portali autorizzati per le luci. Mi ha molto aiutato per la regìa e la visualizzazione Paolo Miccichè, che ha "sentito" le mura di Caracalla non come contenitore, ma come un personaggio vivo e presente e le ha letteralmente "vestite" come un corpo. Vi assicuro che avrete un'Aida grandiosa, come sempre è stata, anche se senza elefanti, poiché abbiamo adottato soluzioni video più leggere, sofisticate e tecnologiche». Quante volte lei è stato Radames? «Almeno 85 volte: ma ho anche diretto circa trenta volte l'Aida». Lei oggi prevalentemente dirige: ma si sente più cantante o direttore d'orchestra? «Quando dirigo non penso a cantare e quando canto non penso a dirigere». Ma ammetta la verità: quale attività preferisce? «Dirigendo, occorre tenere insieme tutte le fila dell'opera: però quanto ai cantanti, essendolo stato io stesso, non pretendo di tenerli a bacchetta su un binario prestabilito ma lascio loro molte libertà. Ma, comunque, lo ammetto: dirigendo sono su un gradino più in alto».