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La battaglia della nostra lingua nell'ex Jugoslavia

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È accaduto a Ljiljana Kozlovic Kornika che si è vista respingere l'incarico di direttrice dell'Unità amministrativa statale del capoluogo costiero direttamente dal ministro della Pubblica amministrazione, Gregor Virant. Motivo? Conosceva bene la lingua italiana. Anzi, tanto. Forse troppo da non lasciare spazio - secondo Radio Capodistria - ad una rosa più ampia di concorrenti. Già funzionaria dello stesso ministero, la signora Kozlovic Kornika, con lunga esperienza di lavoro sia nella capitale Lubjana che nella stessa Capodistria, avrebbe dovuto avere una conoscenza meno approfondita dell'italiano, almeno qualche gradino più basso per livellare più in giù i criteri su cui si fonda la selezione per le cariche pubbliche nelle zone bilingui. Ovviamente la decisione del ministro sloveno ha irritato la nostra comunità che con l'ex sindaco di Capodistria, il deputato socialdemocratico Aurelio Juri, non ha mancato di farsi sentire, per mezzo di un'immediata quanto infuocata interrogazione parlamentare, ottenendo di fatto l'invalidamento del concorso e qualche scusa per l'incidente. Episodi simili erano stati denunciati già nel gennaio del 2004 con una lettera aperta inviata ai nostri deputati da Mailing List Histria tra cui a Gasparri, Bobo Craxi e Laura Cima dei Verdi, che faceva seguito alle dimissioni dal parlamento sloveno del deputato Roberto Battelli in seguito al mancato rispetto degli accordi bilaterali in materia di bilinguismo con conseguente trascuratezza dei diritti della comunità italiana. Che la materia sia scottante in una terra dove la nostra storia recente si incrocia con quella dei resti dell'ex Jugoslavia e prim'ancora con quella degli Imperi centrali, non stupisce nessuno sebbene statuti e regolamenti regolino l'uso delle rispettive lingue come nel caso di quello della Regione Istriana dove all'articolo 6 viene espressamente e solennemente affermato che "la lingua croata e quella italiana sono equiparate nell'uso ufficiale per quel che concerne il lavoro degli organi regionali nell'ambito dell'autogoverno locale". In altre parole dovrebbe regnare il rispetto reciproco nel reciproco riconoscimento dei diritti, con ovviamente eccezioni che dovrebbero confermare la regola come dimostra il caso della signora Kornika. «Credo che il caso in questione sia stato un caso estremo, non voluto dalla legge - conferma l'italianista Melita Sciucca di Fiume o Rijeka che dir si voglia, nel rispetto del bilinguismo - . Qui il bilinguismo è riconosciuto ufficialmente e la lingua e la cultura italiana sono considerate davvero ad altissimo livello». Il nostro Consolato a Fiume, ad esempio, provvede all'autenticazione di alcuni documenti di studio affinché possano essere riconosciuti dalle Autorità italiane e non sempre le pratiche viaggiano alla velocità che gli interessati vorrebbero. Le complicazioni sorgono da entrambe le parti. Allora cosa non funziona in quell'angolo d'Europa dove due dei tre paesi sono membri dell'Unione Europea (l'Italia paese fondatore e la Slovenia aggregata), mentre il terzo (la Croazia) dovrebbe apprestarsi a disporre le carte per iniziare il processo di integrazione commerciale e di seguito politica a Bruxelles? La questione linguistica è un pretesto per tirar fuori vecchie ruggini oppure può essere considerata l'opportunità favorevole per sboccare finalmente il delicato rapporto altoadriatico? Visto da una prospettiva meno drastica i casi frequenti di dispute sul reciproco riconoscimento bilinguistico potrebbero essere realmente presi a pretesto per una chiarificazione sull'opportunità che le rispettive culture possono offrire per migliorare i reciproci rapporti politici e commerciali. Per esperienza diretta vissuta dalla Dante Alighieri tra Trieste, Gorizia, Lubjana, F

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