Prove di sintonia tra il libero mercato e il cristianesimo nell'Unione Europea
La complessità di questi nodi richiede uno sforzo "culturale": le soluzioni tecnicistiche dei burocrati di Bruxelles si sono già dimostrate inadeguate. Occorre un colpo d'ala. Di questo si è parlato a Roma - a Sant'Agnese in Agone - in un dibattito che ha visto protagonisti Lord Griffitths of Fforestfach ed Ettore Gotti Tedeschi. Brian Griffiths è un'autorità di livello mondiale in campo economico. Per cinque anni fu direttore della Policy Unit di Margaret Thatcher, oggi ricopre una serie di prestigiosi incarichi a livello internazionale. Gotti Tedeschi insegna economia alla Cattolica di Milano, presiede la principale banca spagnola in Italia e siede in molti consigli d'amministrazione. I due hanno proposto la stessa strategia per uscire dal tunnel della crisi: l'incontro fra l'etica cristiana e la logica dell'economia di mercato. Qualcuno potrà storcere il naso, ma gli argomenti dei due studiosi sono seri e ponderati. Sono lontanissimi ormai gli anatemi del Sillabo di Pio IX, che condannava in ottanta proposizioni tutti i "funestissimi errori" della civiltà moderna. Gotti Tedeschi - a sostegno delle proprie tesi - ha citato l'enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II («Avrebbero dovuto dargli il Nobel per l'Economia», ha detto). Griffiths ha ricordato come - dagli anni Settanta - la business community americana (preoccupata dei giapponesi) abbia avviato un fruttuoso programma «spirituale». Nelle sfide proposte dalla globalizzazione l'introduzione di uno "standard etico" si è dimostrato efficace, e aiuta la competitività. L'etica degli affari può essere inserita in una cornice teorica capace di comprendere mercato e concorrenza. Un approccio ancora scarsamente frequentato, ma promettente dal punto di vista culturale. La "compatibilità" fra libero mercato e cristianesimo - secondo Griffiths - è fuori discussione. È stato il marxismo a demonizzare la concorrenza, la proprietà dei mezzi di produzione, e la ricchezza. Se i ricchi si cimentano anche nella solidarietà, se le loro imprese rispettano le regole morali, la Chiesa li benedice. Gotti Tedeschi ha ricordato come sia la Bibbia che i Vangeli dimostrino un assoluto rispetto per i ricchi. Le Sacre Scritture lodano i poveri in spirito, ma non quelli rimasti (o diventati) poveri per ignavia. Di recente Gotti Tedeschi ha pubblicato un saggio ("Denaro e paradiso"), nel quale rivendica «la superiorità di un capitalismo ispirato alla morale cristiana». Da Keynes in poi «alla morale cattolica fu chiesto di non occuparsi più di cose economiche, lasciando agli scienziati questo compito». E così ha finito per prevalere una sorta di «machiavellismo economico» che sacrifica l'uomo al potere e al profitto. Qualcosa del genere di quel che è accaduto nella recente battaglia referendaria. Con i fautori del sì a sostenere che l'ultima parola debba spettare agli scienziati. Griffiths e Gotti Tedeschi si sono trovati d'accordo anche nella critica aspra all'Ue. «Sono felice», ha detto il primo, «che la Gran Bretagna non sia entrata nell'euro». E ha deplorato il mancato riferimento - nella Costituzione europea - alle origini cristiane del Continente: «Vi siete venduti l'anima». Molti banchieri, in sala, annuivano, pronti a rileggere la parabola dei talenti. O le encicliche di Wojtyla, non solo la Centesimus Annus.