«Sarà un viaggio nel mio rock, tra passato e futuro» Ipotesi su un duetto con Vasco al Live8 di Roma
Accadrà il 10 settembre in quell'area - fatalmente pianeggiante - nei dintorni di Reggio Emilia, dove già nel '97 avevano suonato gli U2. Stavolta però sarà un evento unico, «un esperimento forse mai tentato da nessuno al mondo». L'idea del rocker emiliano è una sorta di viaggio a ritroso nei suoi 15 anni di carriera, appunto in quattro "stazioni". «Sul primo palco - spiega Luciano - salirò con il mio gruppo attuale, la Banda, e lì proporrò alcuni brani nuovi di zecca; sul secondo con quello dei miei esordi, i Clandestino; sul terzo riproporrò gli arrangiamenti quasi "unplugged" del tour teatrale del 2002, al fianco di Mauro Pagani. Sul quarto me ne starò da solo, e farò vedere come nascono le mie canzoni, per voce e chitarra». Prove già in corso d'opera, più in là due show scaldamuscoli a Monaco e Zurigo. Il tutto alla vigilia della pubblicazione del suo settimo cd di inediti, preceduto da un singolo in agosto. Nessun titolo, per ora, «ma sarà un album robustamente rock, la fotografia di questo momento della mia vita». Centomila biglietti già venduti: ma alla fine a Campovolo saranno il doppio. Più quelli che seguiranno la giornata in diretta su Internet (Rosso Alice) o sui telefonini Tim. Ieri a Milano, alla conferenza stampa di presentazione dell'evento, Ligabue non ha escluso la possibilità di suonare dal vivo anche al terminale italiano del Live 8, il 2 luglio al Circo Massimo: «A Roma sarei anche disposto a duettare con Vasco, con lui non ho mai avuto problemi. Noi musicisti non siamo in competizione, non siamo cavalli: è uno dei motivi, ad esempio, per cui non andrò mai a Sanremo». Più tardi, "Liga" ha trovato il modo di approfondire la conversazione con il "Tempo". «Non so se riuscirò a poter essere presente al Live 8, anche se abbiamo molte pressioni, perché il concerto di Campovolo ci costringe a lavorare sul filo delle ore. Stiamo studiando il suono al computer, vogliamo essere sicuri che tutto vada al meglio. E ci bruceremo tutte le emozioni in una sera sola, con tutta l'intensità possibile. In un tour servono cinque o sei sere per un rodaggio completo, ma quest'idea era una figata. Poi, l'anno prossimo, penseremo a una serie appropriata di concerti». Ligabue, a Campovolo sarà una sorta di viaggio a ritroso tra i palchi della sua vita. E se scoprisse che uno solo di quelli è "giusto"? Se sentisse nostalgia di scelte già superate? «Sarebbe un segnale importante. Penserei di avere ancora tante cose da dire lì. Tornerei, in qualche modo, a quel punto dell'avventura. Che però è proiettata verso il fututo. Io voglio grattare via tutto, dalla vita. Senza fermarmi». Due modelli opposti e decisivi nei tour 2005: Springsteen che va in giro da solo, gli U2 che offrono una produzione ipetecnologica. «Beh, stavolta mi sento più vicino a Bono. Lo sforzo per realizzare Campovolo è immane, ci lavorano due promoter e 1500 addetti. Per il risultato vedremo. E se quella sera diluvierà ce ne fregheremo. Il rock supera ogni sfiga». Cosa significa scrivere, a 45 anni? «È sempre un procedimento terapeutico. Ma la responsabilità cambia, nel corso del tempo, con il tuo punto di vista. Mi rivedo a vent'anni, con i miei pistolotti moralistici, poi a trenta, quando scoprii che il mondo non era così come avrei sperato. Ma ogni volta ho scattato un'immagine fedele di ciò che intuivo. C'è uno scrittore americano che amo molto, Chuck Palahniuk. Dice che "ogni artista non fa altro che eseguire continuamente il proprio autoritratto". È profondamente vero. Anche Leonardo, nella Gioconda, ha dipinto il volto della propria anima». Canzoni in vista, film e romanzi in stand-by. «Io ho bisogno di suonare, in questa fase. Per il resto vedremo, girano tante voci, mi fanno molte offerte. Il virus del cinema è ancora in circolazione nel mio spirito. Ma per il momento dorme». Da Jovanotti a De Gregori, in tanti della sua generazione si sono dichiarati disillusi. «Anch'io come loro. Sono na