Il teatro danzato di Ivo è cronaca poetica

Quasi a rivendicare i diritti autonomi del corpo nell'affermazione di una identità, nella definizione di una personalità umana, di un carattere etnico, ma anche ad affermare una ricerca al di là del precostituito, del definito, del risaputo. Dopo i legami e le battaglie del corpo raccontate in un simposio e soprattutto dopo la prima assoluta di Forsythe «Mi rendi un mostro» dove i danzatori si muovono tra grovigli di ossa, era logico che anche Ivo volesse dire la sua in materia di corpo e lo ha fatto al Teatro alle Tese all'Arsenale con uno spettacolo nuovo di zecca ispirato ad un duro racconto di Gabriele Garcia Marquez. C'è di tutto e di più in questo «Erendira», ambientato ai margini del mondo in una favela brasiliana con una adiposa ed ambigua nonna che induce senza via di uscita alla prostituzione la giovane nipote. Modern dance, naturalmente, ma anche tedesco Tanz Theatre con tanti «parlato» (in poco comprensibile portoghese) alla ricerca di nuovi confini stilistici nel teatro danzato. Una scena spoglia, con un grande praticabile sul fondo come un'impalcatura per muratori ospita l'essenziale azione che si colora delle tinte magiche, surreali, oniriche del racconto di Marquez. Una storia però raccontata solo per sommi capi, per paradigmi in costante relazione all'oggi, al turismo sessuale, alla vendita e abuso di minori in tanti paesi del mondo. Sicché la coreografia approda inevitabilmente nel sociale, si fa inevitabilmente impegnata, ma senza riflessioni etiche o morali, solo come specchio di un mondo in lento ma inesorabile dissolvimento. La pièce è ambientata a Sao Paulo, ma il problema tocca non solo il Terzo Mondo ma ogni strato debole ed emarginato di questa nostra moderna società. Uno spettacolo-documento, anzi denuncia, che però non rinuncia alla poesia per l'arida cronaca.