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Il «cane» Jet Li sa solo picchiare

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IN QUESTI anni Jet Li ha continuato a girare il mondo dando pugni e calci, all'insegna del kung fu. Ha cominciato in Cina, dov'è nato, è passato a Hong Kong, quindi si è trasferito in Occidente dove, a Hollywood, ha tenuto testa perfino a Mel Gibson in un'«Arma letale», la n. 4. Di recente aveva preso parte a un film francese, «Kiss of the Dragon», scritto da Luc Besson, e ora lo stesso Besson gli ha prodotto e scritto questo film, metà francese metà americano, che ha fatto dirigere da un quasi esordiente, Louis Leterrier. L'idea di base era curiosa perché ci diceva di Jet Li, tirato su da quando era bambino da un truce malavitoso (Bob Hoskins) che se ne serviva come animale da combattimento per incontri sanguinosi e clandestini, con tanto di collare al collo. Fino al giorno in cui, grazie all'incontro con un accordatore cieco di pianoforti (Morgan Freeman) ed anche con la musica, l'«animale» si umanizzava, rinunciando, dopo un ultimo scontro, a menar botte da orbi. La sceneggiatura, e anche la regia, svolgono questa idea secondo i moduli consueti del genere e Jet Li li asseconda finché si tratta di esibirsi con tutta la violenza di cui è capace. Dopo, però, quando deve dar volto umano al suo personaggio, regredito, a causa delle costrizioni subite addirittura a uno stato primitivo, non arriva a convincere e resta atono, affidandosi ad una espressione sola: mentre, attorno a lui, la storia e i modi con cui la si rappresenta scivolano addirittura nel patetico. Comunque chi ama il kung fu è servito perché le pagine che gli si dedicano non mancano: truculente, affannose, zeppe di mugolii e di urlacci.

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