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SCOMPARSO A 79 ANNI

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Personaggio tradizionalmente legato a quel "dolce stil novo" dello spettacolo televisivo che ha caratterizzato gli esordi del tubo catodico in Italia, Pippo Baudo riflette, in un excursus a 360 gradi, sul suo universo di personaggio non solo pubblico, rivelando, attraverso una serie di riflessioni, talvolta inconsuete ma sempre illuminanti, l'intima essenza di una personalità da 47 anni al servizio del piccolo schermo. La Tv rappresenta uno dei punti fermi del "Baudo-pensiero", secondo il quale causa principale del recente degrado qualitativo è la vorticosa corsa al riempimento caotico dei palinsesti della Tv non solo generalista ma anche satellitare. Ritiene che in una società dominata da Internet ci sia ancora spazio per la comunicazione parlata e scritta nella maniera tradizionale? «La tendenza dei moderni mass media ad accreditare come opinionisti anche personaggi di infimo spessore intellettuale, deve portare ad una rivalutazione del ruolo della comunicazione, necessaria per interrompere l'appiattimento delle idee in tutti i settori, da quello letterario a quello televisivo». Comunicare significa anche sdrammatizzare la realtà. Che importanza ha per lei l'ironia? «Ritengo indispensabile, ma difficile, suscitare ilarità in una società che vive una congiuntura di forte disagio. In quest'ottica c'è un grande bisogno di comici. E molti come Enrico Brignani e Max Giusti stanno emergendo in Tv, altri a teatro e nella letteratura non solo italiana». Lei ha un continuo contatto con i giovani. Sono differenti le nuove generazioni rispetto al passato? «È un errore omologare come una massa senza ideali i ventenni di oggi. Sono, al contrario, critici, riflessivi, preparati, curiosi ed interessati. Pretendono, però, una chiara sintonizzazione sulla loro medesima lunghezza d'onda, una giusta valorizzazione e non essere mandati allo sbaraglio». Individua nei giovani che incontra potenziali leve televisive? «Purtroppo la clonazione dei reality, a mio avviso in fase calante, ha immesso in Tv personaggi mediocri, solo fisicamente dotati, destinati ad essere meteore. Inoltre esigenze di palinsesto mandano allo sbaraglio, anche in prime time, nuove leve di giovani privi di un percorso formativo che, in passato, era rappresentato ad esempio, dalla Tv dei ragazzi. La conseguenza è una omologazione della figura del conduttore che, invece, deve essere caratterizzata da stile, personalità e linguaggio propri». Le note vicissitudini sentimentali, familiari e professionali hanno modificato il suo rapporto verso gli altri? «Ho ritrovato, dopo periodi di grande turbolenza e dopo la separazione da mia moglie, equilibrio, serenità interiore ed una rinnovata stima verso me stesso a cui desidero dedicare molta più attenzione. Non ho alcun tipo di relazione sentimentale, occulta o ufficiale. Caratterialmente sono immune dal serbare rancore vero gli altri, atteggiamento spesso considerato malinconicamente in un anziano. Sono immune anche dall'invidia e dalla cattiveria ed ho un forte senso della spiritualità che mi ha sempre fornito un valido sostegno». Passiamo alla Tv. La parabola discendente della qualità televisiva è stata arrestata dall'offerta satellitare? «Le emittenti satellitari hanno aumentato il degrado televisivo, rastrellando, in maniera indiscriminata attraverso l'etere, elementi che, un tempo scartati, sono adesso indispensabili per riempire ulteriori palinsesti. Ripercorrono, in maniera meno intelligente e creativa, l'operazione fatta dalla Rai con gli archivi dei suoi 50 anni. La rinascita del piccolo schermo deve passare attraverso un neo Risorgimento dei contenuti». Qual è la sua opinione su personaggi come Arbore, Celentano, Fiorello e Bonolis? «È stato impossibile convincere Arbore di cui apprezzo l'intelligente e furbesca goliardia, a cimentarsi in un varietà di

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