Le vittime dimenticate del treno in galleria
Con il Paese spaccato in due, si moriva sotto i bombardamenti aerei, si moriva sui fronti di Cassino e di Anzio; si moriva al Nord, a causa della guerra civile strisciante. La notte tra il 3 e il 4 marzo, un pesante convoglio ferroviario merci (45 carri trainati da due locomotive a vapore), lasciata la stazione di Balvano (Potenza), imbocca la galleria delle Armi, in pendenza, avanza per cinquecento metri e si blocca, senza riuscire ad andare né avanti né indietro; il personale non concorda sul da farsi e il treno rimane frenato. Sotto le volte della galleria, si sviluppano monossido e biossido di carbonio, a causa della scadente qualità del carbone fornito dagli americani, che contiene una elevata percentuale di zolfo. In breve, la galleria si trasforma in una gigantesca camera a gas e più di seicento persone passano dalla vita alla morte «in maniera non traumatica e senza panico, dopo aver perso progressivamente i sensi». Chi sono le vittime? Povera gente, assiepata su un merci (sarebbe proibito), spinta dalla necessità di cercare cibarie, soprattutto per figli, di legare il magro pranzo alla altrettanto magra cena. Su questa ignorata tragedia — rimossa dalla memoria e dalla coscienza collettiva — Gianluca Barneschi, uomo di legge e saggista, ha indagato per anni, puntigliosamente, prima di dare alle stampe il suo libro. La vicenda del treno 8017 non è soltanto la ricostruzione dell'incidente ferroviario più grave, in assoluto; è anche la fotografia di un'epoca, perché soltanto in quella cornice si spiega — ma non si giustifica — quello che accade dopo il massacro. Né allora — per non aggiungere altri motivi di sconforto alla cronaca che ne era già piena — né in seguito il disastro di Balvano venne convenientemente indagato e soprattutto divulgato. Quelle cataste di poveri morti finirono in fosse comuni, dopo che gli inglesi avevano suggerito di cremarli, sul posto. Come dire che le vittime furono «cancellate». Particolari estremamente scomodi furono archiviati, come il fatto che molti carri contenevano pesante materiale bellico alleato e il peso era stato fatale all'arresto del convoglio. Con questi presupposti, non stupisce che i «risarcimenti» per le vittime rimanessero sulla carta o, come per i più, non venissero nemmeno presi in considerazione. Gianluca Barneschi «Balvano 1944» Mursia 290 pagine, 20 euro