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«Dopo il duetto con Bacharach canterò con Tony Bennett»

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Di più. Poter firmare direttamente insieme a "mr. song" in persona un brano. A Chiara Civello, ventinovenne cantante e pianista romana con dieci anni di America alle spalle, è capitato. «Tre giorni che non dimenticherò facilmente - ammette la giovane jazzista - sono arrivata a lui grazie al mio produttore, ma quando sono entrata a casa di Bacharach, in California, a Santa Monica, tutto è diventato magia. Un piano in ogni stanza, un compositore di quel calibro che mi ha chiesto di suonare per lui. Mi sembrava di volare». Da quell'esperienza è nato «Trouble», un brano che figura nel primo album della Civello, «Last quartet moon». Appassionata di jazz, con la testa piena di sogni, Chiara Civello appartiene a quella generazione di musicisti che ad un certo punto hanno sentito l'esigenza di "andare a casa", cioè negli Stati Uniti, dove la musica afro-americana, anche all'interno di crisi e mode, viene comunque vista come un patrimonio culturale importante, da salvare. La formazione alla Berklee School di Boston a 16 anni, la totale immersione nella scena musicale locale, le centinaia di collaborazioni con musicisti sempre più importanti, il lavoro come corista, quello nei jazz-club, in sostanza una dura gavetta che ha portato quest'artista a condividere con il pubblico le proprie sensazioni. Chiara Civello, qual è la situazione jazzistica per una giovane e promettente artista del suo livello? «Stanno accadendo un mucchio di cose. Questo disco è molto importante, sento che per me è il momento giusto. Spero solo di non deludere chi fino ad oggi ha creduto in me». Il suo disco esce su etichetta Verve, un marchio storico del jazz. Che effetto le ha fatto? «Straordinario, quasi da confondermi. Vorrei però aggiungere che il lungo soggiorno americano mi ha insegnato a ragionare all'americana, soprattutto professionalmente, visto anche il mio genere di musica. Da questo punto di vista è meno sorprendente». Come vede il suo futuro: in Italia o negli Stati Uniti? «Sono e mi sento italiana. Naturalmente in tutti questi anni i miei gusti musicali sono cambiati, si sono evoluti. Vedo che negli Stati Uniti vogliono comunque qualcosa di italiano da me. Hanno ragione. L'importante è non essere provinciali». La corrente jazzistica che ottiene maggior successo in questo momento è quella un po' soft, che mischia vintage e revival alla Michael Bublè ad elementi musicali languidi, tipo Norah Jones. Si vede bene in questo filone? «Questo è il sound di oggi. Potrei dire in qualche modo di farne parte, ma spero di omaggiare anche i grandi del passato e soprattutto di non essere considerata un'artista di moda. Sarebbe tremendo». Prossimi impegni? «Il 10 luglio suonerò alla Casa del Jazz a Roma, il 12 e il 13 ad Umbria Jazz, il 15 e il 16 al Blue Note di Milano, poi sarà la volta di una serie di concerti in Sicilia. Intanto non vedo l'ora che esca il nuovo album di Tony Bennett: duettiamo insieme in "Estate", il brano di Bruno Martino, lui in inglese, io in italiano. Altro incontro memorabile».

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