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Applausi da stadio ai pupilli di Abbado

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Un drappello ceco dei quali ha dato vita ad un ensemble denominato nel 1992 «Giovani virtuosi da camera» e, l'anno appresso, «New Czech Chamber Orchestra», ed infine, solennemente, trascorsi altri dodici mesi, «Prague Philharmonie». Con questa qualificazione, l'Orchestra è giunta l'altrieri alla Filarmonica romana per un concerto cui ha partecipato, da par suo, il pianista moscovita Boris Petrushansky: classe 1949: classe da vendere. Pianista di vecchia Scuola, quando suonare era sacro rispetto della partitura ed altresí atto eroico, romantica session, veemente rampollare delle proprie passioni: e il soggetto sonante e l'oggetto sonato erano tutt'uno, o sinolo. Cosí il solista nel «Concerto n.4 in sol maggiore per pianoforte e orchestra» di Beethoven e, ancor piú, in un sulfureo «Studio trascendentale» di Liszt e in una perlacea «Sonata» scarlattiana. Il programma è stato valorizzato dall'Ouverture «Coriolano» di Beethoven e dalla «Sinfonia n.4 in la maggiore op.90» di Mendelssohn. Elogiamo senz'altro la performance dei giovani praghesi per la civiltà d'esecuzione, fondata su una misura ed un equilibrio d'alta impronta mitteleuropea. Da loro, duttili insieme e solidi, armoniosi e cordiali, pronti a risolvere le difficoltà dei testi con professionale scioltezza di portamento, Pier Carlo Orizio sul podio non ha dovuto punto faticare per ottenere ciò che desiderava, poiché quei giovani, ove il caso l'avesse esatto, avrebbero potuto dare ben di piú. A margine noteremo con simpatia che l'Orchestra indossava l'impeccabile frac - le signore in nero - ma calzava adusate scarpe da ginnastica.... Perbacchissimo! Ch'era successo? Era che l'imballaggio contenente le calzature di vernice nera era andato disperso nell'areostazione praghese, sicché l'esterrefatte fette s'erano conformate poi, nel «tempio» quirite, al piú franco dei rimedî. Fervidi applausi al termine.

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