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Nel suo nuovo libro «Peluche», Emilio Fede tra sogni perduti e sassolini nella scarpa

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Emilio Fede questa massima l'ha fatta sua. Con quale risultato? Milioni di telespettatori che lo seguono ed apprezzano da anni. Nel tempo, il direttore Fede ha inoltre sfoderato libri di successo come "L'inviato speciale", "La foglia di Fico", "Samba dei ruffiani", Ladro d'amore". È in libreria "Peluche" (Mondadori, 142 pagine, 15 euro), nel quale Fede incalza nomi illustri della politica, della Tv e del giornalismo. Un libro dove il gossip (vedi la separazione di Simona Ventura o il "fenomeno Lecciso") si intreccia con il ricordo più commovente (come nel capitolo su Alberto Castagna). Direttore, chi o cosa rappresentano i "peluche" di cui lei parla? «I ricordi degli affetti, dei desideri e degli amori perduti. I peluche appartengono ad ognuno di noi, accompagnano la nostra vita senza abbandonarci mai». Emilio Fede nasconde molti peluche nell'armadio? «Certo, e non solo metaforicamente: nel mio armadio conservo un orsacchiotto che mi regalò mia moglie Diana, e che mi ha fatto compagnia durante i sette anni di inviato di guerra in Africa per la Rai. Un orsacchiotto che mi ha portato fortuna e che mi ricordava le mie bambine, l'affetto della famiglia». Nel libro lei afferma che le fidanzate di oggi scelgono un tatuaggio, un orologio di marca, stivali, jeans, scarpe griffate. Quelle di ieri cosa preferivano? «Le tenerezze, le coccole; manifestavano grande gioia nel ricevere una rosa, una carezza. E perché no, magari un bel peluche. Le ragazze di ieri erano più romantiche. Un tempo, inoltre, l'uomo aveva il piacere e la curiosità di "scoprirle" passo dopo passo. Oggi non c'è più niente da scoprire. Molte di loro si assomigliano poi così tanto - ricorrono allo stesso chirurgo plastico - che da lontano puoi confonderle. Purtroppo, la colpa in parte è anche nostra; abbiamo creato un falso mito». Il suo rapporto con l'universo femminile col tempo si è deteriorato? «Tutt'altro: il mio è uno straordinario rapporto non di "odio e amore", bensì solo di "amore ed amore". Amo l'universo femminile in tutte le sue sfaccettature; ma più di ogni altra cosa amo la mia famiglia ed il mio lavoro. Sono innamorato dell'amore». In un altro passaggio del libro lei confida di accusare un "rigetto quasi fisico" nei confronti di Prodi. «Non riesce a trasmettere un'immagine seria e credibile di sé. Non comprendo quel che dice: dev'essere a causa di quel continuo sorriso che ha sulle labbra, su quella "boccuccia di rosa". Quando Prodi parla, non capisco se fa sul serio o se sta scherzando. Da un punto di vista umano, non avrei problemi a dialogare con lui». Non c'è un politico od un intellettuale di sinistra verso cui nutre stima? «Certo: Antonio Polito o Massimo Cacciari. Quest'ultimo sopratutto come filosofo. Penso anche a Fernanda Pivano - mia carissima amica - di cui sostengo la candidatura a Senatrice a vita al posto di Oriana Fallaci». Fallaci che lei non riesce proprio a digerire, soprattutto a causa di un increscioso aneddoto personale raccontato nel capitolo "Pivano vs Fallaci". «La Fallaci non mi piace, non la condivido, non la leggo. La Pivano è molto più umile, più modesta, più colta e preparata della Fallaci». Lei ha introdotto un nuovo tipo di giornalismo televisivo, nel quale humour, simpatia e serietà dell'informazione si fondono assieme. Tuttavia c'è qualcuno che critica questa sua formula comunicativa. «Cosa vuole che le dica? Ci sono colleghi che si vantano per così poco. Io, allora, cosa dovrei fare? Dopo 50 anni di esperienza, dopo aver creato la "conduzione in piedi"; dopo aver inventato il lavoro di gruppo in redazione. Insomma, non vorrei apparire presuntuoso, ma ritengo di avere creato un tg che per quanto si tenti di imitarlo, rimane inimitabile». Il suo tg le piace più condurlo o scriverlo? «Separare le due cose è impossibile. È dal 1955, anno in cui sono diventato giornalista professionista, che trascorro 11 ore al giorno in redazione. Feste comandate comprese. Questo perché amo il mio mestiere e perché, se proprio devo dirla tut

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