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Guerre Stellari, gli effetti speciali non finiscono mai

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DIFFICILMENTE George Lucas, con questo ultimo episodio (si spera) della saga di Guerre Stellari poteva eguagliare la magia di quel primo film che negli anni Settanta rilanciò la fantascienza nel mondo di celluloide. Era dai tempi di «Ultimatum alla Terra» e «La guerra dei Mondi», roba degli anni Cinquanta, che il genere non incontrava il favore del grande pubblico. Quel primo Star Wars, un b-movie ingenuo e furbo al tempo stesso, riuscì nell'impresa e spalancò le porte ad una infinità di produzioni, da «Blade Runner» ('82) a «Independence Day» ('96). I tempi sono cambiati, tutto questo è passato: il pur bravo Ewan McGregor, costretto sotto una imponente barba per cercare macchinose somiglianze, non è di certo il compianto sir Alec Guinness. Il sempre più gelido Hayden Christensen non prova nemmeno a non far rimpiangere Harrison Ford. Così la favola iniziata nel nome di una scanzonata ironia, in questo episodio diventa epica, con toni da tragedia greca e un accompagnamento musicale tipo Saga dei Nibelunghi. L'intrigante moda degli anni Settanta di far piombare lo spettatore in mezzo a una storia già iniziata, densa di premesse e sottintesi senza dare troppe spiegazioni, come in quel primo Guerre Stellari, si scioglie in una ragionieristica ricerca della chiarificazione totale, di ricucire insieme i sei (veramente troppi) film sparsi per un trentennio. Nonostante questo la vicenda non può non appassionare, sapientemente costruita e corroborata con tutti i colpi di scena al posto giusto. Lo spettatore è catturato dalla rete tessuta da Lucas, nonostante non sia più un giovane produttore e regista indipendente in lotta con le holding del cinema, ma ora lui stesso una eminanza grigia di una delle holding più potenti. Lucas stesso, come i protagonisti di questo ultimo film, sembra conquistato dal «lato oscuro della forza», ma è riuscito a portare sul grande schermo un film che farà la gioia dei vecchi fan e ne conquisterà di nuovi. Il film piacerà agli appassionati che troveranno tutto quello che desideravano, dai titanici incrociatori spaziali ai raffinati e coreografici duelli con spade laser. E certamente «La vendetta dei Sith» piacerà a chi è digiuno degli avvenimenti precedenti. Magari potrebbe protestare per la robusta durata, degna più di un vecchio film storico che di una moderna avventura di fantascienza, ma alla fine non potrà che restare incollato alla poltrona, travolto dagli effetti speciali e dalle trovate sempre più incredibili degli sceneggiatori. Lucas ha detto che questo film è il coronamento del lavoro di una vita: se va bene a lui non può che andare bene a tutti, a patto che da domani si dedichi ad altro. L'amico di sempre e degno compare di Lucas, Stephen Spielberg, ha rivelato di aver pianto vedendo il film. Anche questo è un importante riconoscimento. Speriamo che Lucas trovi altro per proseguire la sua carriera. Altrimenti a «Star Wars VII» non piangerà solo Spielberg.

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