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Pogorelich fa a pezzi Chopin

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L'ennesimo caso della nostra convinzione? Il vizio che caratterizza e marchia il celebre pianista Ivan Pogorelich, il quale devasta e deturpa a vili fini narcisistici le opere musicali a traverso interpretazioni invasive, sbrindellate e, quel ch'è imperdonabile, piú ammoscianti d'una dama di San Vincenzo. Il Nostro è tornato ad esibire le proprie artificiate bislaccheríe al Parco della Musica in occasione dell'ultimo concerto cameristico della stagione di Santa Cecilia. Ed ha preso di mira, nella prima parte dell'infausto recital, la poesia di Chopin, di cui ha contraffatti in modo indecoroso due «Notturni» (op.62 n.2 e op.55 n.2) e quella «Sonata in si minore op.58» che tutto il mondo rispetta ed ama assai. Un'operazione, la sua, di feroce demolizione delle strutture, delle frasi, dei significati lirici e drammatici dei citati testi, cosí del tutto sconocchiati. Violenze foniche inaudite, incoercibile pazzaría di fraseggî calligrafici, tempi di una sonnifera lentezza: come un croccante vermicello al dente si fa scotto e colloso e, di concerto, l'aulente pummarola in coppa si sfa in una pozza di dilavato biancicore. Un provocatore, il Pogorelich. Che ha toccato il fondo del misfatto con la «Sonata in si minore»: capolavoro di per sé fremitante non meno di Margarita Carmen Dolores Cansino (in arte Rita Hayworth), dai capelli avvinazzati in Gilda - imperitura fashion - cànone di donnesca venustà che non accordava le genti dai tempi della Venere botticelliana. All right. Ma lui, il pianista, le ha d'un tratto mollato un gancio destro sí che il divino sembiante è rovinato in un grugno pesto: l'occhio violaceo, il sangue sgocciolante dal tumefatto nasone, un dente eburneo tintinnate sul tavolo dell'affocato bar: là dove lei, avanti, aveva prodigiosamente rigenerati i figli d'Adamo avanzando con la menadistica flessuosità delle anche a contrappunto con le braccia, spighe al vento.... La misura era colma! Noi s'è evitato di patire siffatte pogorelicchiate pure nella seconda parte della performance, correndo a tutta callara di là dalle mura dell'auditorium: ché se fin dapprincipio avessimo saputo dell'antifona avremmo salvato il nostro organo uditorio dallo (s)concerto di cui qui s'è data cronaca pur benevole.

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