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Temirkanov, un mago sul podio

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Cosí noi súbito loderemo la travolgente prestazione che ha fornita al Parco della Musica di Roma, per la stagione di Santa Cecilia, l'Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo diretta da Yuri Temirkanov: una rara serata all'insegna della gioia piú vivace e dell'emozione a lungo protratta, che ha visto il pubblico accorso all'Auditorium esprimere corali entusiasmi, riconoscente d'un bene diretto senza intoppi all'anima. Ché la musica, quand'è piccina, ci rende obesi di tedio ma, quando è grande, fa miracoli come nessun'altra arte. Lo rimarcava anche Schelling. Ed anche Schopenhauer. L'Orchestra sanpietroburghese è una macchina oliata, gran turismo soffice e razionale, lungo un'autostrada vasta e dritta. I componenti sono legati da un inviolabile patto di consonanza e reciproco sostegno: ciò che canta il violino lo prosegue il flauto senza soluzione di continuità, e cosí gli altri, entro un colloquio ove le parti dànno luogo al tutto piú beato che si possa immaginare. Ora voce egemonica, idonea agli accidenti gloriosi del giorno; ora balsamica, incline alle confidenze bisbigliate nelle notti illune. Temirkanov dirige senza bacchetta, con mani da escamoteur e mimo. Pare divertirsi assai, ché a noi è parso che quella macchina correrebbe anche da sola tanto lui l'ha approntata a puntino. Ma il maestro offre in piú alla sua Orchestra, ed a noi due volte gaudenti (in udito ed in spirito), il suggello del vero interprete, il quale sa come adeguare la natura del proprio gusto innato e del proprio bagaglio culturale a quella dell'opera in atto: nel peculiare stile che il linguaggio esige. Sono cosí rivissute in vibrazione di suono le amorevolezze romantiche dell'Ouverture all'«Euryante» di Weber, ma, piú, in una mostra di sfavillante virtuosismo strumentale, «Petruska» di Stravinskij: quella pagina flessuosa e reazionaria, bislacca e divaricata, che non sapevi se tanta fatagione fosse piú alta alchimia dell'autore, o straprestanza dei professori d'orchestra o mirabilia del drago sul podio. Finita la quale il pubblico è esploso in un battimani tale che i musici russi hanno accordare tre fuoriprogramma (da Prokof'ev)... Urticae proxima saepe rosa est, come si dice, la rosa è sovente vicina all'ortica. E vicino a Temirkanov c'era il pianista Bruno Leonardo Gelber, che ha preteso di propinarci il celebre «Concerto in la minore per pianoforte e orchestra op. 54» di Schumann, secondo una sgangherata esecuzione da signorina di buona famiglia: leccata e ridondante, tutta scatti sentimentalistici ed insulsaggini passionali - per carità! Dio ce ne guardi da siffatte isteríe salottiere.

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