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La poesia di Chaplin con musica dal vero

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Si tratta di "ridare la voce" a Charlot, per meglio dire restituire all'eccezionale Charlie Chaplin il contorno sonoro, in una parola la musica filmica. Il film (ultimo "muto" di Chaplin) è quello da teca del cinema «Tempi moderni», una satira tagliente e garbata, ma non per questo meno profonda, del mondo della meccanizzazione, della vita alienata di fabbrica con i suoi assurdi automatismi, della magra esistenza di disoccupati e diseredati, tra i quali il piccoletto con baffi e bombetta trova un posto di spicco per volontà o spesso anche per caso. Certo, rivedere il caro e vecchio Charlot (il film è del 1936) con l'accompagnamento di una intera orchestra dal vivo fa una impressione non piccola: anche se l'occhio tenta al solito di essere tiranno, l'orecchio coglie la pertinenza dell'accompagnamento sia in scene patetiche e sentimentali (Charlot con la sua fidanzatina maleinarnese come lui, nella realtà da tre anni sua moglie Paulette Goddard), sia negli inseguimenti esilaranti o nella ripetitività di certi gesti. Uno stile alquanto aggiornato, che non si tira indietro di fronte a qualche arditezza sonora e che è al passo con i tempi. Sulla traccia dei motivi dello stesso Chaplin, che curava tutti i dettagli delle sue pellicole, il restauro della orchestrazione originale (per conto della Los Angeles Chamber Orchestra e della Association Chaplin di Parigi) è firmato da uno specialista come Timothy Brock che con bravura dirige in buca dinanzi allo schermo l'«Orchestra Città aperta». Perfetta la sincronia tra suono e movimento filmico: l'impressione è quella di un vecchio ma amato film muto in bianco e nero, cui vengono regalati i colori. Ne guadagnano il surrealismo e il candore di certe scene, la ironica freschezza e comicità di altre. Solo in un momento si avverte la vera voce di Charlie, ad esempio in una canzone senza parole ( in Italia suonò "Io cerco la Titina") che in una delle sue tante peripezie in cerca di lavoro è costretto a cantare. La musica, come le sequenze che portano l'idealista Charlot dalla strada alla prigione, è trascinante, a tratti ossessiva, chiassosa, post-industriale, parossistica con fiati e percussioni in evidenza.

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