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HOTEL TERRA PROMESSA, di Amos Gitai, con Hanna Schygulla, Rosamund Pike, Israele, 2004.

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Basti ricordare «Golem», «Kadosh», «Kippur», «Eden», «Verso Oriente». Con meriti e valori ampiamente confermati dal film di oggi, intitolato con sinistro sarcasmo «Hotel Terra Promessa». Il suo argomento, ignoto ai più, anche se di una gravità insolita e terribile, è infatti una vergognosa tratta delle bianche organizzata da una rete internazionale che riesce a trasferire delle ragazze dell'Est europeo, soprattutto russe, tramite la mal custodita frontiera del Sinai, in vari bordelli israeliani ma anche palestinesi, da Haifa a Ramallah, con tappa ad Eilat. Si comincia così con l'arrivo di notte di un gruppo di queste ragazze, alcune subito stuprate, vendute poi al miglior offerente — un'asta a dir poco ributtante - quindi avviate a destinazione nei vari cosiddetti «clubs» dove, a viva forza, si faranno prostituire. Un ritratto terribile di una situazione addirittura spaventosa che prima Gitai ci propone con immagini violentissime, martellate, da ritmi quasi ossessivi, poi, nel finale, chiude con un incendio, frutto di un bombardamento, che, sempre con accenti convulsi, non tarderà, in cifre di catarsi, a trasformarsi in una liberazione. Un cinema forte, perciò, che scuote e percuote con realtà che non si crederebbero vere. In mezzo, il ritorno di Hanna Schygulla nei panni di una tenutaria. Un ricordo quasi mesto di epoche lontane. G. L. R.

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