Costantino portiere tra vizi, virtù e amori allo stadio
FICTION SU CANALE 5
«Ho sposato un calciatore», serie in quattro puntate, nasce da un format inglese adattato al pubblico italiano e si propone di curiosare dietro le quinte della vita dei viziatissimi protagonisti dei campi di calcio, sugli ingaggi, il lusso della loro esistenza, i contratti favolosi e il rapporto con i manager. Sotto i riflettori ci sono alcune delle famiglie dei campioni di una popolarissima squadra di calcio. Tra gli interpreti Jane Alexander, Caterina Vertova, Antonella Interlenghi, Edoardo Siravo, Karin Proia, Mirko Petrini e Costantino Vitagliano. Ovviamente, con la regia di Stefano Collima, sono raccontati anche gli amori dei protagonisti, in un universo che comprende giovani ed avvenenti modelle, come Crystal, interpretata da Maria Elena Vandone che è la top model che sposa uno dei calciatori più famosi, Luca. Luca ha una madre possessiva ed affettuosa che diventa una suocera pungente alla quale la ricchezza improvvisa fa perdere la testa. Nel ruolo c'è la Vertova. Naturalmente viene narrato anche il sogno di ragazzini che dalla provincia si trasferiscono nelle grandi città per rincorrere il miraggio di diventare calciatori. Qualcuno ci riesce, come Vito, giovane di umilissime origini che crea situazioni da commedia nei ritrovi eleganti e mondani in cui viene a trovarsi perché non sa come comportarsi e nessuno gli ha spiegato il galateo. Costantino Vitagliano, invece, interpreta Guido, il portiere della nota squadra di calcio raccontata dalla fiction. L'ex tronista di Maria De Filippi ha girato la quasi totalità delle scene in campo e nello spogliatoio. Ovviamente ci sono riferimenti anche ai più grandi calciatori dei nostri tempi nelle caratteristiche di alcuni protagonisti. Paolo Seganti, ad esempio, è Bruno, il capitano della squadra ed è un fuoriclasse che congloba nella propria professionalità le doti di un Maradona, di un Totti, di un Vieri. Al centro della trama e degli eventi che si susseguono c'è anche la paura di veder finire il proprio momento di gloria e di concludere penosamente la carriera. Mar. Cat.