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Calabria: un po' tacco e un po' punta d'Italia

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000chilometri di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese per due milioni di abitanti al massimo. Era teso in un vigore creativo, il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro». Queste righe, con cui l'autore Giuseppe Ivan Lantos comincia il volume, appartengono all'illustre letterato Leonida Repaci (1898-1985), calabrese di Palmi, innamorata della sua terra. Una terra meravigliosa, per troppo tempo messa da parte come meta turistica, scansata dalle logiche della moda. Con quest'opera dedicata alla Calabria continua la collana in 18 volumi abbinata a «Il Tempo», «Il buon vivere italiano», in edicola domani a 8,10 euro più il prezzo del quotidiano. Un po' tacco e un po' punta dello stivale, una delle regioni più antiche d'Italia, attraversata dalla storia che qui ha visto nascere la civiltà europea. Una terra di contrasti, culturali e della natura, dove il mare circonda ogni luogo scrutato dall'alto dalle vette dell'Aspromonte e della Sila, dove si perde il ricordo dei popoli che l'attraversarono e si mischiano le tradizioni di chi la abitò. Qui con il passare degli anni nacquero e diedero il loro contributo all'umanità alcuni dei nomi più celebri di ogni campo. Da Pitagora, calabrese di adozione, a Campanella. Pensiamo al nobel Dulbecco, a Mimmo Rotella, a Raf Vallone, piuttosto che ai Gianni, Amelio e Versace. Le etnie, i dialetti, i costumi, le architetture, le città: mille facce di uno stesso volto, sorridente e trasformista, che sa arrichirsi della storia degli altri senza dimenticare la propria. E imperdonabile sarebbe dimenticare i frutti di questa terra. Le uve, gli agrumi, i salumi, gli ulivi, che la tradizione calabrese ha saputo tradurre in piatti tipici e unici. Come gli «schiaffettoni», maccheroni ripieni con un'amalgama di lonza di maiale, salsiccia e uovo, poi cosparsi con il sugo delle carni.

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