Un po' insipido l'antipasto della Valkiria
Il primo atto wagneriano eseguito tra luci e ombre insieme alla «Notte trasfigurata» di Schoenberg
Cecilia, per i concerti sinfonici dell'Accademia, dall'inglese di origini italiane Antonio Pappano, ormai prossimo direttore musicale dell'Accademia ceciliana stessa. Occasione ghiotta, come già altre precedenti, per vedere insomma il tempo che farà, musicalmente parlando, il prossimo anno a S. Cecilia ma anche al contempo per vagliare la effettiva valentia del direttore, avallata in una intervista anche da un intenditore come Wolfgang Sawallisch, e per rendersi conto dei suoi reali gusti musicali. Il programma era sospeso tra Wagner (primo atto della Valkiria) e la Notte trasfigurata del giovane Schoenberg che muoveva proprio sulla orma wagneriana (leggasi nella fattispecie il cromatismo tristaneggiante) i primi passi di un progressivo allontanamento dalla tonalità che lo porterà ben presto a nuovi lidi sonori con il nuovo metodo di composizione con i dodici suoni della serie. Proprio il viaggio interiore di una coppia di amanti, così intriso ancora di tardo romanticismo ma anche carico del simbolismo della poesia di Richard Dehmel, era l'oggetto del racconto musicale (nella versione per nutrita orchestra d'archi dall'originale Sestetto). Un itinerario spirituale che culmina con l'accettazione da parte dell'amante del figlio non suo, accolto nel grembo della donna amata. Ancor più impegnativo il primo atto della prima giornata della Tetralogia. Una sorta di prima pietra del «Ring» nibelungico in cui i gemelli Welsunghi, Sigmund e Sigliende, moglie del nemico mortale Hunding, scoprono quel crescente ed irrefrenabile trasporto d'amore che condurrà alla nascita dell'eroe Sigfrido, unica speranza (poi, sappiamo, delusa) di un riscatto per gli Dei anch'essi maledetti a causa del possesso dell'oro renano. Non è questo forse l'atto musicalmente più bello della Valkiria, ma certo quello più facilmente realizzabile con soli tre personaggi, alla bisogna interpretati con bravura dal soprano Katarina Dalayman, dal tenore Robert Dean Smith e dal baritono Phillips Ens. Nella sua brevità (meno di un'ora) questo lacerto wagneriano rinvia già una eloquente selva di temi conduttori (segnatamente quello della spada Nothung confitta nell'albero e conquistata da Sigmund). La lettura di Pappano, con gesto straordinariamente fluido, è navigata ed attenta ma forse non ancora da antologia. Gli resta ancora da far vivere più eloquentemente il sapiente gioco di rimandi tematici e il crescente pathos emotivo della temperatura amorosa. È tuttavia riprova di una buona bacchetta, musicale. Del resto il mitopoietico Wagner dell'Anello è approdo finale, ultima Thule per un grande direttore proprio per la complessità del suo ordito musicale, che va ben oltre quello melodrammaturgico. Applausi calorosi.