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Ma che senso ha proporre un brandello del capolavoro?

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Abbiamo per contro trovato un direttore d'orchestra, Antonio Pappano, che ha deciso di dirigere solo il primo atto de «La Valkiria» di Wagner. Il significato di questa scelta ci risulta affatto oscuro, a meno di non attribuirgliene uno bislacco, e del tutto avventato. Come si fa - ci domandiamo - a porgere al pubblico ceciliano un frammento di un'opera mirabilmente unitaria, la cui rottura compromette in modo decisivo la comprensione di quello stesso frammento? Senza considerare che già «La Valchiria» è parte integrante di un polittico, ossia di quella che comunemente è definita la «Tetralogía», («Der Ring des Nibelungen») assieme a «L'oro del Reno», «Sigfrido» e «Il crepuscolo degli dèi»); e senza considerare che l'esecuzione voluta da Pappano al Parco della Musica già patisce di per sé della mancanza fondamentale della dimensione scenica. Un'opera d'arte non è un'accozzaglia d'elementi disparati ed irrelati, i quali può l'interprete assumere, combinare e sfruttare a proprio uzzolo. Un'opera d'arte - forse ciò è sfuggito al Nostro - è una realtà inscindibile, un'entità monolitica, una sòrta di «monade» leibniziana che non possiede interstizi, non sezioni, né divisioni interne, se non funzionali e strutturali. Una poesia non è data da un singolo verso, cosí come un quadro di Raffaello non è dato da un naso o da un occhio. Dirigere un atto del capolavoro wagneriano può avere un obiettivo di studio e d'analisi in sede musicologica, cosí come l'aspirante pittore può studiare le mani d'una madonna del Perugino. Ma alla platea, che va al concerto non per studiare ma per godere sul piano estetico d'un'opera d'arte in suono, non è lecito propinare un atto - ossia uno spezzone indecifrabile - di quell'opera. Siamo certi che il maestro Pappano non serba la menoma intenzione d'insistere con questo tipo di programmi.

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