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Tragedia greca con bisbigli

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«OEDIPE» DI GEORGE ENESCU A CAGLIARI

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Prima per l'Italia di un lavoro andato in scena con grande successo nel 1936 a Parigi ma da allora rappresentato molto poco. Lo allestì, nel 1956 il Théâtre de la Monnaie di Bruxelles; è apparso in teatri tedeschi (Staatsoper unter den Linden), una volta al Lyceum di Barcellona, ma la stessa Opera di Bucarest l'ha incluso in repertorio solo dal 1958, tre anni dopo la morte dell'autore (poiché non disponeva di altre opere rumene di pari portata). Come si spiega l'oblio, nonostante un palato difficile come Honneger la giudicasse «l'opera suprema di uno dei più grandi maestri»? Per decenni, sia l'autore sia il lavoro sono stati considerati «politicamente scorretti». Enescu, senatore del Regno (rumeno), ingaggiava dall'esilio una battaglia continua contro il comunismo. Monarchico ed ancora più a destra il poeta Edmond Fleg, autore del libretto, tratto non solo dall'«Edipo re» e dall'«Edipo a Colono» ma anche dagli antichi miti greci sul protagonista (epurati dagli aspetti più scabrosi). Il contenuto rovescia l'ineluttabilità del fato e la cecità dell'individuo - centrali in Sofocle - per essere incentrato sul tema dell'«uomo più forte del destino» - tutt'altro che germano al marxismo ed alla sinistra in generale. Peccato che nel programma di sala su tutto ciò non c'è un rigo. Nella partitura il linguaggio neoclassico viene coniugato con le melodie popolari rumene, con il contrappunto dell'eterofonia bizantina, con sperimentalismi fonici. La scrittura vocale va dal canto al declamato, al bisbiglio. Il regista Graham Vick pone la saga in un contesto atemporale: le corti di Tebe e Corinto sono in una Mittleeuropa un po' decadente degli Anni 30; quella di Colono, invece, in uno scarno uliveto. Le scene di Tin Northam sono stilizzate e caratterizzate da anelli e globi (come nella «Lucia» fiorentina e della «Lulu» di Glynbourne). La complessa partitura è affidata a una bacchetta rumena di rango (Christian Mandeal). Anche nel vasto cast prevalgono i rumeni. Su tutti svetta il protagonista Stefan Ignat. Molto buone le prestazioni degli altri (specialmente Cinzia De Mola nel ruolo della sfinge). Qualche difficoltà hanno, invece, Ildiko Komklosi (Giocasta) e Max René Cosotto (il pastore). Date le risorse necessarie per metterla in scena, è difficile che l'«Oedipe» cagliaritano venga ripreso da altri teatri.

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